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Lele Scandurra: l'Etna, la pizza e i grani antichi.
E’ energico e dinamico tanto quanto l’attività del vulcano che ci domina, non a caso si autoproclama “Il pizzaiolo dell’Etna”.
Lele Scandurra è un giovane talento dell’arte della lievitazione. Intraprendente, sempre in fermento, elabora mille idee e riesce a concretizzarne mille e una.
Ora ha portato in auge ‘Botanike’, la pizzeria del rinomato Ikebana di proprietà della famiglia Merola, il locale più green di Catania immerso in un variegato parco che ospita palme ed ulivi, e si prolunga in un ricchissimo orto. Da qui, la brigata e lo stesso Lele, raccolgono verdure ed ortaggi che diventano ingredienti preziosi per le sue pizze.
Con Giovanni Merola, titolare Botanike, e Lele Scandurra
La materia prima e lo studio attento e scrupoloso di ogni impasto sono quasi un’ossessione per Lele, tra i primi pizzaioli a guardare alla qualità delle farine che seleziona tra le migliori italiane e siciliane. E per ognuna delle sue miscele tra più farine, sempre nuove, studia tecniche di impasto, modalità e tempi di lievitazione.
Il metro dei suoi sforzi è dato dall’enorme successo che ogni sera il suo prodotto riscuote. Quasi sempre sold out per quella pizza sottile, dal cornicione alto e soffice, che si scioglie in bocca e digeribilissima.
Nasce adesso la nostra collaborazione, perché Lele sente la necessità di rendere omaggio alle farine da grani antichi siciliani, che già conosce ed impiega ma sulle quali vuole perfezionarsi al meglio per proporre nel nuovo menù una base 100% grani antichi, dove il gusto del prodotto finito sia quasi tutto concentrato nella base. Ed io sono onorata e felice di poter lavorare insieme a lui!
Studia Lele, studia tanto, continuamente, perché ha sempre l’obiettivo di superare sé stesso e quando lo fa, ricomincia. Questa è la nota storia di chi non ha avuto nulla di già servito dalla vita, di chi ha costruito la propria identità con grande sforzo e sacrificio, ogni singolo giorno, imparando dai migliori, puntando al meglio ma rimanendo umile.
E non vede il successo di cui già oggi gode, è troppo impegnato a migliorarsi, a guardare avanti, come ogni fuoriclasse.
Pasta con le sarde e il finocchietto
La pasta con le sarde ed il finocchietto selvatico è un primo piatto ricchissimo di sapori robusti e profumi assolutamente siciliani.
Esiste una versione catanese, una palermitana e le mille sfaccettature isolane. Ma gli ingredienti imprescindibili sono le sarde ed il finocchietto, entrambi presenti in questa stagione.
L’amalgama di tutti gli ingredienti che caratterizzano questo piatto, rende un gusto che non ha paragoni. L’aroma sprigionato dal finocchietto e la polpa dal sapore molto intenso della sarda, che sa di mare selvaggio, restituiscono ai sensi una porzione di mediterraneo.
La ricetta della pasta con le sarde ed il finocchietto include sempre i pinoli e l’uvetta sultanina, che equilibrano in dolcezza. Il formato di pasta ideale è lo spaghetto grosso. Grazie alla ruvidità della farina integra di perciasacchi Antichi Granai, tutto l’aroma del condimento viene assorbito fino al cuore della pasta.
INGREDIENTI
500 gr spaghetti perciasacchi Antichi Granai
500 gr sarde freschissime
1 mazzo di finocchietto selvatico
2 cipollette fresche
30 gr pinoli
30 gr uvetta sultanina
1 cucchiaio concentrato di pomodoro
150 gr farina perciasacchi Antichi Granai
Olio evo
Sale
Pecorino grattugiato
PREPARAZIONE
- Lavare per bene il finocchietto, sbollentarlo in acqua salata, scolare, tritare e mettere da parte tenendo l’acqua di cottura.
- Pulire le sarde togliendo la testa, la lisca e la coda, sciacquare bene con acqua e sale ed asciugarle su carta assorbente.
- Sistemarle in un colapasta ed infarinarle. Sbattere lo scolapasta per eliminare la farina in eccesso.
- In una padella antiaderente far scaldare abbondante olio, quando è bollente friggere le sarde finchè saranno ben dorate. Dunque toglierle dalla padella con un mestolo forato e sistemare su carta assorbente.
- Sciogliere il concentrato di pomodoro con un bicchiere d’acqua tiepida.
- Sciacquare l’uvetta con abbondante acqua calda, poi tenere in ammollo con acqua tiepida per almeno 10 minuti.
- Ricoprire il fondo di un tegame con olio evo e soffriggere la cipolletta tritata, il finocchietto, i pinoli e l’uvetta ben strizzata. Aggiungere le sarde, amalgamare con il concentrato di pomodoro, mescolare bene e lasciare insaporire il tutto a fuoco basso per almeno 15 minuti, mescolando ogni tanto
- Nell’acqua di cottura del finocchietto cuocere gli spaghetti per 10 min., poi scolarli lasciando un po' d’acqua di cottura, versarli nel tegame con il condimento e mantecare amalgamando con qualche cucchiaio dell’acqua di cottura.
- Aggiungere la quantità di pecorino desiderata e servire.
Pane integrale con lievito madre
La ricetta del pane fatto in casa è quella più richiesta in questo periodo, e quella con lievito madre è il massimo per chi vuole realizzare un ottimo prodotto. Ma non tutti dispongono del lievito madre e per questo c’è bisogno dell’alternativa ovvero il lievito di birra.
Per fare il pane però servono anzitutto farine di altissima qualità, come queste che utilizzo qui: perciasacchi e russello integre Antichi Granai.
E sicuramente l’unione fa la forza…ed il gusto! Per questo preferisco miscelare più varietà di grani antichi siciliani ed ottenere sfumature di gusto intense e sempre particolari.
La ricetta del pane con lievito madre che vi propongo qui, ha un procedimento medio lungo e prevede più lavorazioni dell’impasto, però il risultato è garantito, e per adesso che di tempo a disposizione ce n’è tanto è meglio approfittarne per imparare l’arte! E per capire meglio tutti i passaggi ti consiglio di guardare il video tutorial che ho realizzato su youtube https://urly.it/354j3
Dai un’occhiata anche alla ricetta di pane solo perciasacchi https://urly.it/354hw
INGREDIENTI
600 gr farina russello Antichi Granai
400 gr farina perciasacchi Antichi Granai
750 gr acqua
100 gr lievito madre (o 10 gr lievito di birra)
20 gr sale
PREPARAZIONE
Il procedimento di preparazione e lievitazione ha durata di circa 8 ore, che potrebbero protrarsi in giornate molto fredde o al contrario accorciarsi di un’ora circa d’estate.
- Per prima cosa, spezzettare il lievito e scioglierlo in tutta l’acqua con le mani.
- In un’altra ciotola miscelare per bene le farine, poi piano piano versarle nella ciotola con l’acqua e nel frattempo iniziare a lavorare con le mani, per far prendere tutta l’acqua alla farina.
(in planetaria versare l’acqua con il lievito sulla farina ed impastare per circa 5-8 minuti)
- Aggiungere il sale in due riprese ed impastare con i pugni, per almeno 20 minuti.
- Quando l’impasto è abbastanza elastico ed omogeneo, stendere su una spianatoia e fare le pieghe a tre per due volte.
- Chiudere tutte le pieghe e creare un panetto, riporre in una ciotola con il fondo già infarinato, coprire con un canovaccio umido e far lievitare in forno spento per tre ore.
- Riprendere l’impasto e fare di nuovo due giri di pieghe a tre, procedere come prima in ogni passaggio e far lievitare ancora 3 ore.
- Togliere l’impasto lievitato dal forno e capovolgere sulla spianatoia infarinata
- Dividere l’impasto in 4 parti se si preferisce un pane più basso, altrimenti in due.
- Procedere alla formatura dei filoni e riporli su carta forno infarinata
- Coprire con canovacci puliti e lasciare lievitare ancora due ore
- Preparare il forno alla massima temperatura, incidere i filoni con dei tagli ed infornare per un’ora.
Pizza in teglia con lievito madre
E’stata una sorpresa emozionante ricevere quel pacco, sebbene in qualche modo mi era stato preannunciato.
Già, perché quando Stefano Caccavaris, fondatore di Mulinum, mi inviò un messaggio Instagram chiedendomi l’indirizzo di casa, era certo che qualcosa di buono sarebbe arrivato presto con il corriere.
E il corriere arrivò più o meno presto, con un grosso pacco a stampa Mulinum, che non ho avuto neanche un minuto di suspance perché il logo con forma di macina a pietra trionfava sulla faccia più larga dello scatolone. Ma cosa ci ho trovato dentro? E cos’altro potevo trovare? Le mie amate farine da grani antichi! Certo questa volta non si trattava di grano siciliano, ma di quello dei nostri vicini calabresi.
Si è rivelata una impresa di grande successo, quella intrapresa da Stefano nel 2016, quando lanciò una raccolta fondi per realizzare il primo mulino dei contadini in Calabria. E il successo è cresciuto ogni anno, spingendo la Toscana prima, ed ora anche il Salento, a realizzare lo stesso progetto per i produttori di grani antichi locali.
Ma qual è la grande forza di Mulinum? Per prima cosa è una grande e fitta rete, un patto di amore per la terra ed il lavoro artigianale, che ha formato agricoltori, mugnai e panificatori i quali lavorano in sinergia per offrire il pane ed i prodotti da forno più buoni e genuini di sempre.
Mulinum sono i campi di grano, e una romantica struttura con grandi macine a pietra ed il forno di fronte. Tutto il processo di produzione è a vista, e per me che ci sono stata è uno spettacolo rimanere lì a guardare con quanta cura e amore preparano un pane buonissimo.
Certamente vi svelo cosa c’era nel pacco! Non volevo nascondere nulla ma prima era fondamentale spiegare il progetto che spero realizzeremo anche in Sicilia.
Vi elenco quali varietà di grani antichi calabresi Stefano mi ha inviato: aperto lo scatolone, per primi ho visto due grani teneri: maiorca e verna, poi è spuntato fuori il senatore cappelli, e infine è arrivata la segale.
Ora, avendo io già una discreta conoscenza di tutte le varietà fuorchè Verna, quale pensate abbia voluto provare per prima? Ma naturalmente questo sconosciuto grano tenero è immediatamente finito in planetaria e tra le mie mani, per diventare una pizza che si è rivelata strepitosa.
Concludo la prima parte del racconto Mulinum, e passo alla ricetta che ho messo a punto per onorare il regalo più che gradito ricevuto da Stefano, che ringrazio ancora di cuore.
PIZZA IN TEGLIA MULINUM
INGREDIENTI
1 kg farina da grano tenero MULINUM varietà verna
750 gr acqua
80 gr lievito madre
2 cucchiai olio evo per l’impasto
PREPARAZIONE
- Sciogliere il lievito in una parte d’acqua, poi versare nella planetaria insieme alla farina ed alla restante acqua, avviare l’impasto e dopo un paio di minuti aggiungere il sale e poi l’olio evo.
- Lasciare impastare in macchina non più di 5 min., poi spegnere, coprire l’impasto e far riposare per 15 min.
- Trasferire l’impasto su una spianatoia, con l’aiuto della spatola fare un paio di giri di pieghe a tre, poi formare un panetto e trasferirlo in una ciotola di plastica molto capiente. Coprire bene con pellicola e riporre in frigo per 20 ore.
- Togliere dal frigo l’impasto, lasciare a temperatura ambiente e dopo un’ora riportare sulla spianatoia per ripetere l’operazione delle pieghe. Dunque riporre nuovamente nella ciotola per altre due ore.
- Preparare alcuni fogli di carta forno, ed una tazza con olio evo. Con le mani unte d’olio prelevare porzioni di pasta e stenderla con i polpastrelli sulla carta forno. Non serve mattarello, è un impasto ad alta idratazione e pertanto lavorabile agevolmente a mano, intingendole spesso nell'olio.
- Lasciar riposare in teglia, condire a piacimento e cuocere nella parte bassa del forno a 220°.
Chiacchiere alla siciliana
Carnevale è la festa del piacere,
del libero arbitrio, ma soprattutto dalla liberazione dei sensi di colpa.
Ed è per questo che da nord a sud, storicamente, in febbraio friggiamo dolci e li condividiamo allegria.
Chiacchiere - la parola inflazionata del mese.
E’il raviolo fritto che più ha avuto successo e distribuzione in tutta Italia.
Si affianca ad ogni ricetta regionale, quasi come il panettone.
Anzi, probabilmente ha eclissato altre preparazioni tradizionali come i cutumè di cui vi ho scritto la ricetta recentemente https://bit.ly/2SzNeee.
Cutumè
Io, Federica Genovese, devo sicilianizzare ogni ricetta passi per le mie mani. Per cui le mie (che spero diventeranno anche vostre) chiacchiere, hanno tutti gli ingredienti di origine della mia terra.
Ma la chicca è il marsala, il vino liquoroso. Assieme alla scorza grattugiata di arance bio e la farina da grani antichi siciliani.
La differenza tra la ricetta delle chiacchiere, ed altri dolci fritti di carnevale, sta nella consistenza. Le prime sono croccanti, friabili, sottili.
Tutte le altre ricette invece presentano frittelle morbide,
poi cosparse di zucchero semolato oppure di miele, come questi bocconcini semplici ma sfiziosissimi (qui la ricetta https://bit.ly/2SAtVRO).
Ma pure quelle ancor più golose farcite di crema o ricotta, come le succulente bignole (ricetta qui https://bit.ly/38Ebpxw ).
E’ un panorama abbastanza ampio, e ci si può sbizzarrire per accontentare i gusti di tutti.
Ma oggi, chiacchiere!
INGREDIENTI
- 1 kg farina di Farro monococco o Maiorca Antichi Granai
- 70 gr zucchero
- 150 ml marsala
- 100 gr burro
- 4 cucchiai olio evo
- 3 uova
- Buccia grattugiata di un’arancia bio
- Zucchero a velo per spolverare
- Olio per friggere
PREPARAZIONE
Nella planetaria versare la farina, lo zucchero ed il burro (questo deve essere morbido, quindi toglierlo dal frigo almeno un’ora prima), ed avviare la macchina.
Aggiungere la scorza grattugiata dell’arancia, poi in sequenza le uova, il marsala e l’olio extravergine d’oliva.
Se serve, ovvero se l’impasto è troppo duro, aggiungere un altro uovo.
Quando l’impasto è omogeneo ed elastico, togliere dalla ciotola della planetaria e riporre su una spianatoia leggermente infarinata.
L’ideale è spianare la pasta con l’apposita macchina, la “nonna papera”, perché la foglia deve essere sottilissima, quindi posizionate la macchina al livello minimo e passate l’impasto tra i rulli.
In alternativa…lavorare molto bene con il mattarello!
Quindi, con una rotella tagliapasta, ricavare dei rettangoli su cui fare degli intagli.
In un tegame ampio friggere l’olio, appena è bollente immergervi poco alla volta i rettangoli e muoverli con un forchettone o una paletta, rigirandoli.
La cottura deve essere breve altrimenti si bruceranno, per cui, appena dorate, colarle dall’olio in eccesso e riporle su carta assorbente.
Spolverare con zucchero a velo e servire.
Cutumè
La cucina siciliana è una continua risorsa di preziose sorprese dolci e salate, che ci vengono consegnate da un passato recente e da quello più remoto.
I dolci fritti e la ricotta.
Adesso che il tema è il carnevale, sfoglio i miei amati ricettari mentre già sento profumo di frittura dolce.
Mi fermo sulla pagina che riporta un nome curioso: Cutumè.
Una frittella a base di ricotta di pecora, appartenente alla tradizione gastronomica siciliana, nell’area geografica compresa tra Catania e Ragusa.
Ci sono nomi associati a cibi che alle volte mi passano accanto e poi e sfuggono, viaggiando parallelamente ai miei pensieri.
Però poi arriva il momento in cui si ripresentano davanti, quasi imponendosi. Quindi sento il desidero ma anche il dovere di comprendere, di provare quella ricetta e farla mia.
Così mi è capitato coi cutumè, sentiti pronunciare qualche volta distrattamente e mai, non so perché, attenzionati. Però associavo questo nome a delle paste secche, dei biscotti.
E invece eccoli nella sezione “dolci fritti” di uno dei miei libri di cucina.
Non ho trovato, ad oggi, fonti storiche o vicende legate alla nascita ed alle specifiche occasioni di consumo di questa deliziosa frittella.
E come di consueto ci sono diverse varianti: chi la vuole cosparsa di zucchero semolato chi invece di miele (miele di timo nel ragusano).
Cambiano anche notevolmente le dosi della farina in proporzione alla ricotta. Denominatore comune è che quest’ultima sia sempre di peso nettamente maggiore.
Anche sulla tipologia di farina utilizzata, solo in un caso si specifica debba essere di maiorca, per il resto non è esplicito, dunque forse non condizionante, se di grano duro o tenero.
Sta di fatto che non c’è lievito. Dunque la frittella dovrebbe rimanere bassa.
Nella mia ricetta, il volume invece si è triplicato in cottura, rendendola più somigliante ad una sfincia.
Certo, così è molto goduriosa.
Ho utilizzato la farina di farro monococco Antichi Granai (che trovi qui https://bit.ly/2UEnQFs), credo che parte del merito sia dovuto a questa scelta.
Siete curiosi quanto me di provare la ricetta?
Mettiamoci al lavoro!
INGREDIENTI
400 gr ricotta di pecora asciutta
250 gr farina di farro monococco Antichi Granai
50 gr zucchero
4 uova
1 cucchiaino di annella
1 pizzico di sale
Mezzo bicchierino di gin
Miele
Olio per friggere
PREPARAZIONE
1 – La ricotta deve essere stata preparata almeno due giorni prima, se non risulta perfettamente asciutta il risultato sarà compromesso.
2 – miscelare prima con un cucchiaio farina, uova, sale, zucchero e cannella. Aggiungere il gin e infine le uova. Sbattere per bene con la frusta elettrica.
3 – Coprire l’impasto e lasciare riposare almeno tre ore
4 – In una pentola ampia e dai bordi alti, versare l’olio e far raggiunge la temperatura utile alla frittura.
5 – Prelevare con due cucchiai l’impasto e, tentando di dare forma arrotondata, tuffare nell’olio bollente fino a doratura.
6 - dopo averle fatte scolare su carta assorbente, riporre su un piatto da portata e cospargere con miele caldo.
Pasta gratinata con cavolfiore violetto
Il cavolfiore violetto è un altro regalo dell’Etna ai sui coraggiosi abitanti.
E come tutto ciò che cresce sul terreno vulcanico, ha proprietà uniche ed un sapore straordinario.
Il suo colore viola intenso, deriva dalla presenza degli antociani, le preziosissime sostanze presenti nel terreno vulcanico, che possono ridurre i danni provocati dall’azione dei radicali liberi e contrastare l’insorgere di alcune tipologie di cancro.
Nonostante il suo odore molto forte in cottura, il cavolfiore violetto ha un sapore delicato.
La causa del caratteristico odore sprigionato durante la cottura, è la presenza dello zolfo. Ma è possibile attenuarlo spremendo nell’acqua della bollitura alcune gocce di limone, o aggiungendo una goccia d’aceto.
Le ricette a base di cavolfiore violetto nella tradizione siciliana, sono moltissime.
Dalla più semplice, che lo vuole lessato e condito con olio e limone, al famoso cavolfiore affogato, ricchissimo di gusto.
Antipasti, secondi, contorni, e, come nel caso di questa ricetta di pasta, primi piatti.
Tante sono le varianti di pasta con il cavolfiore violetto. In questa occasione, ho scelto di proporvi quella che generalmente preparo in qualche domenica d’inverno.
E’ la pasta della domenica innanzi tutto perché ci vuole un po' di tempo da dedicare alla preparazione, e poi perché la cottura va completata in forno.
E per me, la pasta al forno, è la pasta della domenica!
Ed è speciale per altri due motivi importanti. Il primo, è la presenza della “muddica atturrata” (pangrattatto abbrustolito).
Il secondo è l’unione felice con i prodotti da grani antichi siciliani.
Le penne di perciasacchi semintegrale Antichi Granai (acquistabili al link https://bit.ly/3aTqop0), rustiche e ruvide perchè realizzate artigianalmente, assorbono tutto il gusto del condimento e lo arricchiscono dei sentori del grano perciasacchi.
Ideali da condire e poi far cuocere in forno, dove mantengono perfettamente la loro consistenza.
Ecco la ricetta!
INGREDIENTI
500 gr penne di perciasacchi semintegrale Antichi Granai
1 cavolfiore già pulito da circa 300 gr
150 gr pangrattato
100 gr pecorino stagionato grattugiato
4 filetti di acciughe sott’olio
40 gr uva passa
1 spicchio d’aglio
250 passata di pomodoro
Olio extravergine d’oliva
Sale
PREPARAZIONE
- Tagliare in quarti le cime di cavolfiore e sbollentare per circa 10 minuti in acqua salata.
Scolare con un mestolo forato, e lasciare a gocciolare in un colapasta.
Lasciare l’acqua di cottura del cavolfiore in pentola e coprire con il coperchio.
- Sciacquare l’uvetta e metterla in ammollo ad acqua tiepida.
- In un tegame ampio, soffriggere l’aglio insieme a tre filetti di acciuga, precedentemente sgocciolati.
- Versare poi la passata di pomodoro; mescolare bene per fare insaporire e far cuocere per circa 15 minuti con un coperchio. Non serve salare, il pomodoro assorbirà la salinità rilasciata dalle acciughe.
- Aggiungere il cavolfiore e l’uva passa scolata e strizzata. Cuocere per almeno venti minuti, mescolando ogni tanto.
- In un’altra padella, soffriggere un’acciuga facendola sciogliere completamente. Versarvi il pangrattato e mescolare finchè si impregnerà d’olio. Continuare a fuoco lento, mescolando di frequente, per mezz’ora circa. Dovrà essere completamente di colore bruno.
Fare riprendere bollore all’acqua di cottura del cavolfiore. Cuocervi le penne per 8 minuti. Scolare bene e versare nel tegame in cui si è cotto il cavolfiore con gli altri ingredienti. Aggiungere il pecorino e mescolare per far amalgamare bene i condimenti con le penne.
Oleare il fondo di una teglia, versare la pasta, coprire lo strato superficiale con il pangrattato e ultimare la cottura in forno a 180°.
Frascatule ennesi
La polenta siciliana si chiama perlopiù frascatula.
Quella ennese nasce dalla miscela di farine di ceci e cicerchie, due legumi che nel territorio di Enna erano ampiamente coltivati.
L’Azienda Agricola Antichi Granai (https://www.antichigranai.com), che da generazioni coltiva e macina oltre ai grani locali anche i legumi, seguendo la tradizione ha elaborato la miscela idonea ad una facile realizzazione della tipiche frascatùle.
La ricetta più diffusa include broccoli e lardo, e poi ci sono anche le varianti con biete e finocchietto.
La frascatula ennese è buonissima appena preparata, ma ancora più goduriosa il giorno successivo.
Da fredda, si taglia a striscioline e poi a cubetti, e si soffrigge con crostini di pane da grani antichi siciliani (qui la ricetta del pane di perciasacchi https://bit.ly/2QSXBZH )
Il primo impasto è la farinata.
Farina e acqua, senza lievito ma cotta in acqua bollente e con l’ausilio di un mestolo o affine per mescolare.
Un pasto primordiale, embrione del pane.
Nel mescolare acqua bollente e farina, c’è uno dei più antichi gesti di sopravvivenza, forse, per l’uomo dopo la scoperta della gestione del fuoco.
Quasi certamente tra i primi impasti cotti, che impiegavano probabilmente prima cereali interi, poi spezzati e successivamente farine a grana grossa.
Posso immaginare questo percorso nei secoli, col passare dei quali, modifiche alla granulometria del cereale coincidevano con la realizzazione e l’affinamento dei mulini.
Cereali, poi legumi. In Sicilia è tanto diffusa la polenta di frumento quanto quella di legumi. Eppure, dopo la scoperta dell’America, arriva anche il mais. E questo conquista buona parte dell’Italia e dell’isola, determinando tre macro tipologie di elaborazioni per le farinate.
In Sicilia convivono ancora tutte, ma con le dovute differenze tra miscelazione delle varietà di farine, specialmente per quelle che impiegano i legumi, e i giochi linguistici sempre sorprendenti ed a volte non riconducibili all’etimo comune.
E’ il caso, ad esempio, della patacò a Licodia Eubea (Ct), a cui dedicano ogni anno una sagra. (Se vuoi scoprire una versione originale della ricetta clicca qui https://bit.ly/2uMIh8p ).
Ma anche la piciòta a Nicosia si differenzia notevolmente dai più comuni frascatùla, frascatùa etc. (1*)
Si arricchiscono le varie ricette di frascatule con verdure e carni, e rimane diffusa ovunque ed anzi, attesa pietanza nei giorni più gelidi, in cui la cucina originaria sembra il miglior conforto.
(1*) Vocabolario – Atlante della cultura alimentare nella “Sicilia Lombarda”, Salvatore C. Trovato e Alfio Lanaia. Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo 2011. Pag. 391.
INGREDIENTI
1300 gr acqua
150 gr farina di legumi "Frascatule ennesesi" Antichi Granai
400 gr broccolo
100 gr lardo
1 spicchio aglio
Peperoncino
Sale q.b.
PREPARAZIONE
1.Mondare e lavare il broccolo e le sue foglie più tenere, tagliare in quarti le cime ed in tocchetti il tronco, sminuzzare anche le foglie.
2. In una casseruola dalle sponde alte, fare bollire l’acqua, salare e cuocere il broccolo per circa 20 minuti.
3.Nel frattempo, in una padella far rosolare l’aglio ed il peperoncino, ridurre in cubetti il lardo e soffriggerlo a fuoco moderato.
3. Scolare i broccoli ed insaporirli con il lardo in padella per 5/10 min.
4. Nell’acqua di cottura del broccolo, senza spegnere il fuoco, versare in più riprese la farina di legumi, e mescolare continuamente con un cucchiaio di legno per almeno 10 minuti.
5. Aggiungere ora il contenuto della padella, e continuare la cottura della polenta per circa 20 minuti.
6. Dovrà risultare molto densa.
7. Versare in un unico grande piatto, o suddividere in quattro porzioni e gustare calda.
Pennette semintegrali con alici e carciofi
Ora può capitare, e capita sempre più spesso, che alcune famiglie siano divise dalla scelta della pasta da consumare. Chi si è convertito all’integrale (in genere è la donna ad essere più sensibile al richiamo della genuinità), chi invece considera roba da dieta dimagrante la pasta scura (il resto della famiglia!).
Per stimolare i più scettici, al consumo della pasta prodotta con farina integra, si può ricorrere alla via di mezzo, la linea semintegrale dell’azienda Antichi Granai.
Ha colore e sapore meno “aggressivi” per chi non è abituato al vero gusto del chicco di grano.
La semola di grano antico siciliano perciasacchi, viene molita a pietra senza asportazione del germe, conservando così tutte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del grano. Proteine, vitamine (B1,B2,PP,B6), magnesio, calcio, ferro, sali minerali ed altri oligoelementi naturalmente presenti nel germe sono assimilati dall’organismo quando scegliamo di consumare abitualmente i prodotti integrali o semintegrali.
L’idea errata, che si è diffusa negli ultimi decenni, sulla superiore bontà della pasta bianca, è solo uno dei tanti successi dell’industria alimentare che ha voluto l’appiattimento del gusto.
Un filo di buon olio extravergine d’oliva deve ad esaltare il gusto pieno e variegato della pasta Antichi Granai.
Ma cimentarsi in ricette stagionali sempre diverse appaga sicuramente di più, ed accelera il processo di accettazione e gradimento in tutta la famiglia!
INGREDIENTI
400 gr penne di perciasacchi semintegrali Antichi Granai
100 gr farina integrale perciasacchi Antichi Granai
200 gr alici freschissime già pulite
30 gr uva passa siciliana
6 carciofi
1 limone
Mezzo bicchiere di vino bianco
Sale integrale siciliano
Olio evo
PREPARAZIONE
- Sciacquare l’uvetta in un colino e poi ammollare in acqua tiepida per circa 20-30 min., dopodichè strizzare ed asciugare.
- Lavare per bene le alici con acqua e sale, far asciugare tutta l’acqua tamponandole con carta assorbente.
- Mondare i carciofi ricavando la parte più tenera, i cuori. Tagliarli a spicchi e lasciare in acqua fredda e succo di limone per circa 15 minuti.
- Scolare, asciugare per bene sotto l’acqua corrente.
- Scaldare l’olio in una padella antiaderente, appena è ben caldo versare i carciofi e l’uvetta, rosolare circa 5 min, aumentare la fiamma e sfumare con il vino bianco, rimoderare la fiamma e completare la cottura. Spegnere e lasciare nella stessa padella.
- Nel frattempo, passare le alici ben asciutte nella farina di perciasacchi, scuoterle in uno scolapasta per eliminare la farina in eccesso e friggerle in olio bollente. Appena cotte, con una paletta forata, raccogliere e passarle nella padella con i carciofi. Con una paletta di legno mescolare per amalgamare il condimento.
- Bollire l’acqua a cuocere la pasta al dente, riavviare la fiamma della padella e man mano versarvi la pasta. Continuare gli ultimi minuti di cottura delle penne in padella, aggiungendo qualche cucchiaio d’acqua di cottura.
- Completare il piatto a piacimento con prezzemolo tritato o finocchietto.
"Tiraddittu", l'azienda Valpilieri recupera un altro grano antico siciliano
Sorprendente l’agrobiodiversità siciliana, che ci regala sfumature di colori, odori e sapori in gradazioni innumerevoli.
Il mio cammino alla ricerca dei grani antichi siciliani, dell’autenticità del lavoro contadino, delle gemme preziose di madre natura, non può trovare confini in un’isola dove terra, mare e profondità vulcaniche sono antologia del pianeta terra.
Il grano antico siciliano ‘maiorca’, fino ad ora inteso solo quale grano tenero, è l’unica varietà di frumento “bianco” ripreso dai contadini negli ultimi anni.
Dalle varietà siciliane, in un percorso a ritroso, si sta svoltando alla varietà locale. La vera peculiarità della regione sta proprio qui, come per i dialetti, diversi nel raggio di 5-10 km, anche per i vegetali tra una contrada e l’altra, il terreno si presta meglio a questa o quella varietà, o persino la stessa varietà assume diverse caratteristiche.
Divulgare questa ricchezza rientra, suppongo, tra le mie “missioni”.
Adesso che ho scoperto una nuova, straordinaria, varietà di grano tenero, voglio condividere con voi le sue caratteristiche, i benefici del consumo, i profumi, i sapori, gli usi.
L’azienda agricola Valpilieri®, situata nel territorio di Niscemi (CL), ha selezionato un grano antico locale, coltivato da sempre nelle loro terre.
Il termine dialettale è “tiraddittu”, che per loro scelta commerciale diventa marchio Tiraditto.
E’ un grano tenero con glutine leggero, molto ricco in sali minerali e oligoelementi, funzionali e benefici per il nostro organismo.
La farina di Tiraditto possiede alti contenuto di selenio e magnesio, ed è preziosa fonte di fosforo, necessario per la crescita e lo sviluppo osseo dei bambini.
E’ ideale per la panificazione, la pizza casalinga ed i forni professionali. Sublima ogni dolce.
(Immagine di proprietà azienda agricola Valpilieri®, tutti i diritti sono riservati)
Presenteremo il prodotto in un corso in cui ci si metterà direttamente alla prova pratica con gli impasti.
La lezione sarà tenuta da Giovanni Zuccarello, chef e consulente per la prestigiosa Pizzeria Sazi e Sani.
Il locale, primo forno a Catania ideato per la divulgazione di prodotti a base di grani antichi, con lievitazioni lunghe, è il luogo che ospiterà l’evento.
Lo chef del locale Sazi e Sani, già da molto tempo impiega la farina di grano Tiraditto. Giovanni seleziona con gradissimo rigore la qualità delle materie prime, non solo per gli impasti. Prodotti artigianali e di alto valore qualitativo accompagneranno la degustazione dei lievitati.
Il corso è teorico-pratico, ogni partecipante metterà le “mani in pasta” facendo esperienza diretta delle caratteristiche della farina di Tiraditto.
Continuiamo insieme la ricerca e la scoperta del nostro patrimonio di biodiversità, ma per apprezzarlo realmente bisogna riconoscerlo e saperlo valorizzare, dietro indicazioni di chi ne ha già competenza.
Posti limitati!
Per info e prenotazioni inviare una mail a fooditinera@federicagenovese.com