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Federica

Food blogger per costrizione (delle amiche che vogliono sempre curiosare nella mia cucina). Vulcanica per influsso dell'Etna che domina il mio territorio, vivo pienamente la mia terra amandone e ripercorrendone i vari paesaggi.
Alterno con estrema versatilità la scarpa da trekking al tacco dodici, muovendomi in ogni caso con grande disinvoltura.
Il giornalismo enogastronomico la strada intrapresa, per dare concretezza agli studi in comunicazione ed alla mia passione.
La curiosità smisurata sull'origine del cibo e degli ingredienti motivo di continue ricerche e studi. Il gusto e gli altri sensi raccontati dalla Sicilia.


Fede 01natura

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"Il-ciclo-dei-sapori-leStagioni"

Ci conforta questa naturale circolarità del tempo climatico, poichè ci rassicura che nonostante i cambiamenti e le evoluzioni che caratterizzano la vita, madre terra raccoglie e fa fruttare per noi quei semi che sapientemente l'uomo ricava ed interra. Si attende ogni nuova stagione con la voglia di riassaporarne profumi e sensazioni, conosciuti o da esplorare. Ed alterniamo la scoperta ed il desiderio di nuove elaborazioni gastronomiche e la ricerca di ciò che la tradizione ci ha lasciato, come a voler cercare in bocca l'alternarsi delle stagioni. Così anche l'inverno più gelido o la più torrida delle estati, trovano il loro significato più profondo. Ogni germoglio, a suo tempo.
Primavera
Estate
Autunno
Inverno

Foto Stagioni Federica ccassata02wLa primavera è spettacolo alla vista. La natura si esalta, espolde in un tripudio di colori e profumi che inebriano e quasi stordiscono. Come accade a noi abitanti dell'Etna che dalla fine di maggio veniamo travolti dall'odore intenso della ginestra. E' uno dei momenti dell'anno che preferisco, quando al mattino presto e sul calare della sera l'aria tiepida è intrisa di quel profumo pungente che scandisce il tempo, il tempo in cui le abitudini quotidiane stanno per cambiare, gli animi si addolciscono con l'aumentare delle temperature, ed anche le tavole cambiano il colore della veste. La cassata è primavera. L'associazione con i colori che la decorano potrebbe sembrare la motivazione più ovvia alla stagione e sicuramente ha avuto il suo peso nella mia scelta ma non è l'unica. Era il dolce che si consumava durante la Pasqua, e ciò ha grande rilevanza in una comunità dove strettissimo è il rapporto tra i dolci ed il calendario liturgico, ma dove soprattuto si celebra la rinascita della natura più fertile e produttiva. E' in questa stagione dell'anno infatti che i pascoli inverdiscono ed ovini e bovini producono il miglior latte per farne ricotta. Quest'ultima rappresenta uno tra i prodotti lattiero caseari tipici della Sicilia e si presta benissimo tanto alle preparazioni salate che a quelle dolci. E probabilmente un embrione di cassata potè essere un piatto salato che poi nel tempo si è trasformato, arricchito ed evoluto nella versione che noi oggi gustiamo tutto l'anno. Questo dolce affonda le sue origini in un remoto passato, e nei secoli ha raccolto ed accolto nel suo composto le traccie di coloro che hanno vissuto per dominazione la trinacria. Raccontare la storia della cassata può paragonarsi ad una di quelle occasioni conviviali in cui ci si accorda perchè ognuno partecipi con la propria specialità culinaria, ed alla fine la tavola che ospita si ritrova una commistione di generi, colori e sapori inaspettati. E allora è come se a questa tavola, dove ad ospitare sono i siciliani, fossero intervenuti gli arabi, che portarono zucchero, mandorle ed agrumi da candire, e gli spagnoli, che ci insegnarono a prepare il loro pane dolce e ci fecero conoscere il cioccolato. I siciliani ci misero l'idea, la ricotta di pecora e l'arte delle monache del convento di Martorana che si esplica nelle bellissime e colorate riproduzione di frutti golosi. E' un dolce vecchio quasi quano la storia della Sicilia, che parte dall'antica Grecia dove già esisteva un dolce con cacio e miele che i latini poi chiamavano caseus. Ma è abbastanza inverosimile che derivi da quel " qasat" arabo cui molti la ricollegano. L'ipotesi invece più attendibile è quella che ci fornisce il prof. Trovato, secondo cui deriverebbe da CAPSATA, in riferimento al procedimento con cui il dolce viene preparato. La torta infatti viene composta dentro una tortiera, dove si alternano listarelle di pan di spagna con crema di ricotta dolcificata. Il pan di spagna va così a racchiudere la farcitura cremosa sia sopra e sotto che nei lati, ma qui alternandolo a listarelle di pasta reale. La torta viene poi posta sotto pressione anche per un'intera notte in modo da compattarsi, . Quindi quel CAPSATA che diventera CASSATA, è un volersi riferire a qualcosa che si " incassa". L'apice della bellezza del nostro dolce è raggiunto tra il XIX e il XX secolo, quando le decorazioni si arricchiscono con la frutta candita lucida e brillante e la glassa. A guardarla così, è proprio che una primavera per gli occhi.

Pesci01wIn siciliano ho sempre sentito pronunciare 'a stati ', oppure 'nda stati'. Nonostante l'origine della parola significhi calore, ardore, associo la suddivisione morfologica che ne ha costruito la forma dialettale, al piacere immenso che questa stagione porta con se, e dunque quello "stati" per me sta per " statti, restati, non andar via così di fretta", come si dice ad una persona cara che viene a farti visita in casa quando fa per alzarsi ed andarsene, e già si sente il vuoto al sentore che presto ci priverà della sua presenza. L'estate è la stagione in cui si rinsaldano meglio i rapporti sociali, perchè la piazza diventa più facilmente fruibile, ed è lì che la società paesana mette in mostra la sua identità. A tavola il caldo implica voglia di fresco, di pietanze leggere, di ortaggi appena saltati in padella, di insalate ricche, variegate e colorate. Ma in Sicilia questo può valere giusto a pranzo, quando i picchi di temperatura raggiungono il loro massimo. Quando invece la calura comincia ad allentare le padelle colme di olio si infuocano, per rinnovare i più buoni e succulenti tra i piatti tipici isolani. Finestre spalancate con lo scopo di aerare durante la cottura fanno invece sì che vicoli e strade siano pervase da profumi inebrianti di frittura di melanzane, peperoni e varie, che guizzano in olio d'oliva stimolando anche i più pigri appetiti già dalla fine del pomeriggio. Ma quello che diventeranno per l'ora di cena, che qui a sud lascia largo spazio a piacevoli aperitivi in piazza con gli amici, spostandosi a serata inoltrata, sono i capisaldi della nostra cucina: parmigiane, involtini di melanzane, caponate e peperonate in ogni versione e le irrinunciabili fritture di pesce. La cucina estiva è ricchissima e si veste di colori sgargianti ed invitanti, gli ortaggi prodotti in questa stagione sono quanto mai versatili ed anche per questo, suppongo, incontrano i gusti di chi, con altri vegetali non ha in genere un buon rapporto. Ma la ricchezza non sta solo negli orti, quella argentea luccica nei mari che circondano l'isola. Verga fu ispirato da Acitrezza quando narrò dei Malavoglia e per questo la mente corre subito al porticciolo dominato dal vulcano, ma il viaggio lungo le coste della Sicilia è un percorso costellato di una miriade di grandi e piccoli porti e di tonnare, che testimoniano il peso che da sempre il settore della pesca ha avuto nell'economia di questa regione. Sciacca, Marzamemi, San Vito lo Capo e moltissimi altri luoghi che oggi sono meta turistica di chi ha un forte desiderio di assaporare tutto il buono ed il bello del mare di Sicilia. Le calde notti estive rendono quasi meno duro il lavoro del popolo dei pescatori, i quali, prima che arrivi l'alba, rientrano carichi dei loro bottini che faranno felici tanti palati. Ogni stagione prevede le sue varietà di pesce, d'estate però sembra quasi d'obbligo doversene cibare più frequentemente, sarà che la voglia di mare diventa smisurata, sarà che è un ottimo pretesto per trascorrere serate all'aria aperta con amici, attorno a quelle tavolate che si animano tra le prelibate ricette della tradizione, gli ottimi vini siciliani che i più competenti si premurano di abbinare, e la conseguente allegria; sarà che in queste occasioni il cibo esplica uno dei suoi più importanti valori, riunire gli affetti in un momento di gioia.

Funghi01wIl bosco vive in questa fase di transizione un momento di vera gloria. Le sfumature di colori che si riscontrano nei tappeti morbidi e sinuosi di foglie di varia origine è pace per i sensi dopo i turbamenti estivi. Il dolce sfrigolìo che si calpesta mentre si attraversano luoghi che sprigionano incanto è melodia in accordo all'aria tersa e pulita che qui si respira. Dalle spiagge caldissime ed affollate giù al mare basta appena un'ora per ritrovarsi in luoghi che lascerebbero immaginare una distanza indecifrabile se non sapessimo di trovarci in Sicilia. Le nostre montagne sono custodi di segreti e saperi che pochissimi sono in grado di acquisire quasi totalmente. Un patrimonio micologico, alimurgico, di piante officinali, medicinali, aromatiche. L'Etna ed i Nebrobi possiedono tesori in tal senso, e ad imparare a scoprire questi gioelli serve non solo lo studio, ma soprattutto l'esperienza che si acquisisce ripercorrendo i luoghi in lungo ed in largo, a fianco di chi possiede una conoscenza profonda, a sua volta appresa dalla generazione precedente. E ci si chiede spesso, quanti hanno dovuto patire sofferenze fisiche e spesso pagare il prezzo della propria vita prima che si potesse distinguere cosa fosse commestibile e cosa no. Sì, perchè il legame cibo-vita-morte è strettissimo, è un cerchio anzi, e per sopravvire, per garantire la sopravvivenza della specie, spesso ci si è imbattuti nella morte, che è sevita a far comprendere ai vivi cosa non contemplare nella proria dieta. L'ambito della micologia assume in questo senso un valore emblematico per diverse ragioni. In primis per il fatto che i funghi sono parassiti, non essendo sottoposti al processo della fotosintesi clorofilliana, e dunque possono trarre nutrimento da altri esseri viventi presenti nel bosco o crescere su piante organiche morte. Dalla morte alla vita o viceversa, un po' come l'autunno dove ci si avvia verso la morte apparente della natura. La natura dei funghi è assai affascinante, essi sono capaci di produrre antibiotici in grado di guarire gravi malattie dell’uomo e degli animali. Ultimamente ci è giunta dall'oriente la pratica di assumere funghi via compresse, come integratori e coadiuvanti del benessere fisico e psico-fisico. Poi c'è il lato magico di questo singolare essere vivente, rievocato nella celebre favola di Alice. Il potere allucinogeno che può arrecare sollievo ma soprattutto diventare pericoloso. Ma l'aspettto che in questa sede assume maggiore interesse è il loro impiego in cucina. Per molti la soddisfazione principale è data appunto dal momento della ricerca e della raccolta, che consente di immergersi nella natura ed assaporarne in anticipo il gusto con l'olfatto. Sì, è così, soprattutto quando si tratta di porcini il profumo si sparge nell'aria e si percepisce in alcuni punti in maniera intensa. Ci sono molti modi di preparare i funghi, e le ricette variano anche in base alla tipologia, ma, a mio avviso, è un alimento che deve essere sempre il gusto principe di un piatto, non va mischiato con troppi altri ingredienti ma con pochi che servano ad esaltarne il sapore. Meglio come contorno piuttosto che come uno tra i tanti ingredienti. Parassita nella crescita, dominante nel piatto.
Fagioli01wLungo e lento è l'inverno. O almeno così sembra. Il paesaggio si intristisce e trasmette quiete e malinconia allo stesso tempo. La natura si irrigidisce in quei rami d'albero spogli e monocromatici e sembra che tutto debba rimanere così in eterno. Ma alla mancanza di colori non corrisponde povertà di germogli. Ogni cosa a suo tempo e per quel tempo. E così la madre terra, in sinergia con il lavoro dell'uomo, ci fornisce ciò di cui il nostro organismo ha bisogno per affrontare le basse temperature. In realtà durante l'inverno molto ci si nutre anche di quello che si è accantonato nelle altre stagioni, perlomeno così era un tempo e così è per le massaie. Dà molta soddisfazione poter portare in tavola un raggio di sole estivo, chiuso dentro quei vasetti dove l'olio, ed una previa cottura, conservano quegli ortaggi di cui quasi si era stufi a fine stagione. L'odore di legna bruciata, che ai primi freddi comincia a sentirsi sin dal mattino, fa immaginare scene di focolari d'altri tempi, e man mano che si procede verso l'ora di pranzo si trasforma dall'idea di fonte di calore per confortare il corpo, a quella di metodo di cottura per pietanze che scaldino il cuore. Ciò accade nell'immaginario di chi, come me, ha inclinazioni romantiche nell'approccio ai momenti ed ai rapporti più autentici nella vita di uomo. Ma la realtà non discosta poi così tanto dalla fantasia, e moltissimi sono ogni giorno i tegami in cui ribollono minestre di verdure e legumi per ore, anche se sui fornelli a gas piuttosto che alla viva fiamma del fuoco. Ai legumi appunto si pensa più in inverno, sebbene i periodi di raccolta siano altri. Le proprietà organolettiche di questi prodotti sono eccezionali, contengono infatti tutti i componeneti necessari al sostentamento, molto più ferro e proteine della carne ad esempio, infatti sono la base dell'alimentazione vegetariana e vegana. Oggi si pensa che la tradizione della nostra cucina si basasse prevalentemente su piatti a base di carne ma è una fantasia moderna, furono legumi e cereali a far si che intere generazioni di contadini si sfamassero e nutrissero. La Sicilia ha una antica tradizione nella coltivazione dei legumi, che tutt'oggi viene mantenuta ed anzi si sta tentando di recuperare varietà che rischiavano di scomparire. La storia gastronomica della nostra terra ci racconta l'importanza che questi preziosi frutti della terra ebbero nel corso dei secoli, rendendosi protagonisti di molti piatti, alcuni dei quali sono oramai storia come la fabata puls, un miscuglio di farro, fave, lenticchie, ceci ed interiora, consumato in epoca romana con la convizione che rendesse immuni dai dolori viscerali. Agli arabi invece pare si debba uno dei cibi a base di legumi che oggi è tra i simboli del cibo di strada siciliani, la panella. Una frittella ( panis + suffisso -ella) preparata con farina di ceci, acqua e prezzemolo diffusissima nel palermitano ma apprezzata da chiunque la assapori. E ancora u maccu, ricetta diffusa in tutta l'isola, un piatto a base di fave che diventa quasi una farinata, infatti il termine deriva da " ammaccare". E' inoltre una pietanza che si lega alla religione poichè in molti paesi viene preparata il 19 marzo, durante i festeggiamenti per San Giuseppe. Fave, lenticchie, piselli, ceci, fagioli e cicerchie sono da secoli coltivati in tutta l'isola, in epoca moderna trascurati poichè la freneticità delle giornate ha fatto sì che cibi dalla preparazione veloce fossero da prediligere. Approfittiamo della lentezza dell'inverno per riappropriarci di abitudini alimentari genuine e salutari.

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