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Chiacchiere alla siciliana
Carnevale è la festa del piacere,
del libero arbitrio, ma soprattutto dalla liberazione dei sensi di colpa.
Ed è per questo che da nord a sud, storicamente, in febbraio friggiamo dolci e li condividiamo allegria.
Chiacchiere - la parola inflazionata del mese.
E’il raviolo fritto che più ha avuto successo e distribuzione in tutta Italia.
Si affianca ad ogni ricetta regionale, quasi come il panettone.
Anzi, probabilmente ha eclissato altre preparazioni tradizionali come i cutumè di cui vi ho scritto la ricetta recentemente https://bit.ly/2SzNeee.
Cutumè
Io, Federica Genovese, devo sicilianizzare ogni ricetta passi per le mie mani. Per cui le mie (che spero diventeranno anche vostre) chiacchiere, hanno tutti gli ingredienti di origine della mia terra.
Ma la chicca è il marsala, il vino liquoroso. Assieme alla scorza grattugiata di arance bio e la farina da grani antichi siciliani.
La differenza tra la ricetta delle chiacchiere, ed altri dolci fritti di carnevale, sta nella consistenza. Le prime sono croccanti, friabili, sottili.
Tutte le altre ricette invece presentano frittelle morbide,
poi cosparse di zucchero semolato oppure di miele, come questi bocconcini semplici ma sfiziosissimi (qui la ricetta https://bit.ly/2SAtVRO).
Ma pure quelle ancor più golose farcite di crema o ricotta, come le succulente bignole (ricetta qui https://bit.ly/38Ebpxw ).
E’ un panorama abbastanza ampio, e ci si può sbizzarrire per accontentare i gusti di tutti.
Ma oggi, chiacchiere!
INGREDIENTI
- 1 kg farina di Farro monococco o Maiorca Antichi Granai
- 70 gr zucchero
- 150 ml marsala
- 100 gr burro
- 4 cucchiai olio evo
- 3 uova
- Buccia grattugiata di un’arancia bio
- Zucchero a velo per spolverare
- Olio per friggere
PREPARAZIONE
Nella planetaria versare la farina, lo zucchero ed il burro (questo deve essere morbido, quindi toglierlo dal frigo almeno un’ora prima), ed avviare la macchina.
Aggiungere la scorza grattugiata dell’arancia, poi in sequenza le uova, il marsala e l’olio extravergine d’oliva.
Se serve, ovvero se l’impasto è troppo duro, aggiungere un altro uovo.
Quando l’impasto è omogeneo ed elastico, togliere dalla ciotola della planetaria e riporre su una spianatoia leggermente infarinata.
L’ideale è spianare la pasta con l’apposita macchina, la “nonna papera”, perché la foglia deve essere sottilissima, quindi posizionate la macchina al livello minimo e passate l’impasto tra i rulli.
In alternativa…lavorare molto bene con il mattarello!
Quindi, con una rotella tagliapasta, ricavare dei rettangoli su cui fare degli intagli.
In un tegame ampio friggere l’olio, appena è bollente immergervi poco alla volta i rettangoli e muoverli con un forchettone o una paletta, rigirandoli.
La cottura deve essere breve altrimenti si bruceranno, per cui, appena dorate, colarle dall’olio in eccesso e riporle su carta assorbente.
Spolverare con zucchero a velo e servire.
Le Radici - apre a Siracusa il ristorante di Maurizio Urso
“Le Radici rappresentano le nostre origini, la nostra storia, il principio di ogni cosa che ci ha fatto diventare ciò che siamo oggi.
Nella nostra cucina non ci sono regole, non ci sono limiti, convivono le tradizioni del territorio e le tecniche più innovative”
A Siracusa inaugura Le Radici, ristorante presso l’hotel Relax.
Alla guida i titolari Sebastiano e Maurizio Urso, quest’ultimo anche executive chef, attualmente vicepresidente della prestigiosa Euro-Toques Italia e Presidente dell’Accademia Nazionale Italcuochi.
Maurizio e Sebastiano Urso
Il profumo di casa, di famiglia, di ciò che fa bene al cuore e all’anima attraverso i ricordi.
Sapori, rumori, sensazioni provate da bambini e che dalla memoria rivivono oggi sul piatto. Un ritorno alle origini attraverso un viaggio di sapori innovativi e gourmet.
E’ nato da qui il progetto Le Radici.
AGNELLO ARROSTITO IN PADELLA E PAPATE AL ROSMARINO
Un ambiente accogliente, elegante ma libero da formalità, in grado di far sentire i commensali come a casa. Il ristorante ospita al suo interno 40 coperti, per gli eventi fino a 220. Mentre la terrazza, ideale per la bella stagione, accoglie altri 40 coperti e circa 250 coperti per gli eventi attorno alla piscina.
Le Radici è un luogo che dalla terra accompagna gli ospiti in un percorso di riscoperta della materia prima, tra passato e presente, rendendoli protagonisti di un momento magico, di un’esperienza unica.
CREMOSO ALCAFFE E ANICE STELLATO SU SALSA DI LIQUIRIZIA E TERRA DI FRUTTA SECCA
Maurizio Urso trascorre molti anni all’estero. Rientrato a casa, si scommette nel proporre qualcosa di nuovo pur partendo dalla propria terra ma includendo l’esperienza data dagli incontri e dalla frequentazione con grandi maestri come Gualtiero Marchesi, Sergio Mei, Giorgio Nardelli e Gianfranco Vissani, con il quale dal 2006 avvia una assidua collaborazione che continua ancora oggi.
Maurizio Urso utilizza ingredienti semplici attorno ai quali germoglia ogni suo piatto. La cucina dello chef è legata al territorio, ma anche ai ricordi personali. Impegnato in una incessante ricerca di nuovi accostamenti e sensazioni. Una devozione per il suo territorio che si riflette in ogni suo piatto,
Lo Chef Urso, nel proprio ristorante, propone piatti di pesce fresco di giornata ma anche di terra e vegetariani, utilizzando solo prodotti locali dei quali conosce la provenienza, la storia e il valore sociale e culturale. Carni, ortaggi, frutta, salumi e formaggi provenienti da piccole e pregiate produzioni artigianali.
Cutumè
La cucina siciliana è una continua risorsa di preziose sorprese dolci e salate, che ci vengono consegnate da un passato recente e da quello più remoto.
I dolci fritti e la ricotta.
Adesso che il tema è il carnevale, sfoglio i miei amati ricettari mentre già sento profumo di frittura dolce.
Mi fermo sulla pagina che riporta un nome curioso: Cutumè.
Una frittella a base di ricotta di pecora, appartenente alla tradizione gastronomica siciliana, nell’area geografica compresa tra Catania e Ragusa.
Ci sono nomi associati a cibi che alle volte mi passano accanto e poi e sfuggono, viaggiando parallelamente ai miei pensieri.
Però poi arriva il momento in cui si ripresentano davanti, quasi imponendosi. Quindi sento il desidero ma anche il dovere di comprendere, di provare quella ricetta e farla mia.
Così mi è capitato coi cutumè, sentiti pronunciare qualche volta distrattamente e mai, non so perché, attenzionati. Però associavo questo nome a delle paste secche, dei biscotti.
E invece eccoli nella sezione “dolci fritti” di uno dei miei libri di cucina.
Non ho trovato, ad oggi, fonti storiche o vicende legate alla nascita ed alle specifiche occasioni di consumo di questa deliziosa frittella.
E come di consueto ci sono diverse varianti: chi la vuole cosparsa di zucchero semolato chi invece di miele (miele di timo nel ragusano).
Cambiano anche notevolmente le dosi della farina in proporzione alla ricotta. Denominatore comune è che quest’ultima sia sempre di peso nettamente maggiore.
Anche sulla tipologia di farina utilizzata, solo in un caso si specifica debba essere di maiorca, per il resto non è esplicito, dunque forse non condizionante, se di grano duro o tenero.
Sta di fatto che non c’è lievito. Dunque la frittella dovrebbe rimanere bassa.
Nella mia ricetta, il volume invece si è triplicato in cottura, rendendola più somigliante ad una sfincia.
Certo, così è molto goduriosa.
Ho utilizzato la farina di farro monococco Antichi Granai (che trovi qui https://bit.ly/2UEnQFs), credo che parte del merito sia dovuto a questa scelta.
Siete curiosi quanto me di provare la ricetta?
Mettiamoci al lavoro!
INGREDIENTI
400 gr ricotta di pecora asciutta
250 gr farina di farro monococco Antichi Granai
50 gr zucchero
4 uova
1 cucchiaino di annella
1 pizzico di sale
Mezzo bicchierino di gin
Miele
Olio per friggere
PREPARAZIONE
1 – La ricotta deve essere stata preparata almeno due giorni prima, se non risulta perfettamente asciutta il risultato sarà compromesso.
2 – miscelare prima con un cucchiaio farina, uova, sale, zucchero e cannella. Aggiungere il gin e infine le uova. Sbattere per bene con la frusta elettrica.
3 – Coprire l’impasto e lasciare riposare almeno tre ore
4 – In una pentola ampia e dai bordi alti, versare l’olio e far raggiunge la temperatura utile alla frittura.
5 – Prelevare con due cucchiai l’impasto e, tentando di dare forma arrotondata, tuffare nell’olio bollente fino a doratura.
6 - dopo averle fatte scolare su carta assorbente, riporre su un piatto da portata e cospargere con miele caldo.