Items filtered by date: December 2019
Rosso di Sicilia, passione di Antica Farina.
Rosso di Sicilia, è il ritorno al mondo dei grani e della molitura di Giovanni Billeri, che nella città del pane nero di tumminia, Castelvetrano (TP), rompe ogni schema dando nuovi colori e profumi ai suoi prodotti.
Sotto il marchio ANTICA FARINA, rientrano più di dieci tipologie di semole, la maggior parte da grano duro ed altre di tenero, che sono spesso miscele create da Giovanni per ottenere prodotti dal risultato caratteristico sempre uguale.
I grani utilizzati sono tutti siciliani, selezionati tra diverse varietà antiche, che poi vengono moliti a pietra.
Giovanni Billeri ha già grande competenza in campo, è stato titolare ed amministratore di un mulino per quindici anni, che per motivi personali ha poi abbandonato dedicandosi ad altro.
Oggi però, rientra nel settore e stringe un accordo in esclusiva con un giovane proprietario di un piccolo mulino a pietra.
Giovanni Billeri
Quattordici i marchi creati, tra i quali il Rosso di Sicilia,
Ma, rispetto a tutte le altre semole da grani antichi siciliani macinati a pietra, qual è il punto di forza dei prodotti di Giovanni Billeri?
“Io non propongo solo farina, ma un omonimo pane con forma e caratteristiche prestabilite: rotondo, due linee parallele, senza sesamo, rigorosamente impastato con lievito madre - spiega Giovanni - certo per me è condizione fondamentale che chi lo produca ne dia il giusto risalto, è un marchio, per cui va corredato di targhette identificative e locandine che ne spieghino le caratteristiche”.
Ed in pochi mesi è diventato un prodotto di successo, grazie ad un grande impegno di divulgazione, che ha ottenuto l’adesione di circa sessanta trasformatori tra panifici e pizzerie.
Una ricetta che invece si presta benissimo al forno domestico, è il pan di patate che ho elaborato.Una pane in cassetta morbidissimo ed umido, che può andare bene per il salato se aromatizzato con rosmarino, oppure per la colazione dolce, accompagnato confetture e creme spalmabili.
PAN DI PATATE
INGREDIENTI
- 400 gr semola Rosso di Sicilia
- 300 gr acqua
- 250 gr circa patate
- 15 gr sale
- 1 gr lievito di birra
- 2 cucchiai olio extravergine d’oliva
- mezzo cucchiaio di miele
PREPARAZIONE
Bollire le patate con la buccia, quando saranno cotte scolarle, sbucciarle e passarle nello schiacciapatate mentre sono molto calde. Lasciare intiepidire la purea.
Sciogliere il lievito in un bicchiere d’acqua insieme al miele.
In una ciotola capiente, o nella planetaria, impastare farina, acqua e lievito ed aggiungere le patate, impastare bene versando pian piano l’olio d’oliva, alla fine aggiungere il sale.
Quando l’impasto è ben amalgamato, versare in una ciotola e ricoprire con pellicola, aspettando che raddoppi il suo volume ( 5 ore circa) .
Utilizzare per la cottura uno stampo da plum cake, cm 25x11
Ritagliare un foglio di carta forno, bagnarlo in acqua, strizzarlo e foderare lo stampo. Versare l’impasto, profumare se si desidera con aghi di rosmarino, ed infornare a 180 gr per circa 45 min.
Prima di sformare lasciare raffreddare completamente.
Sfince di San Giuseppe
Sono giorni, questi, in cui le strade attigue alle pasticcerie siciliane, da oriente ad occidente, profumano di dolci fritture.
E mentre qui, in estremo oriente, le zeppole di riso trionfano in vassoi pesanti di miele, lì verso occidente San Giuseppe si onora con altra specialità.
La ricetta delle sfince nasce, secondo tradizione e consuetudine, ad opera di religiose.
Le suore del Monastero delle Stimmate di San Francesco a Palermo, preparavano le loro crespelle per poi ricoprirle con miele ed onorare così San Giuseppe.
Friabile bignè fritto, senza aggiunta di lievito di alcun tipo.
La versione originale prevede lo strutto sia nell’impasto che per la frittura, qui invece ho sostituito il burro, quello artigianale del caseificio La Cava.
Un risultato straordinario, per friabilità e gusto, mi è stato reso dalla qualità della farina di maiorca Antichi Granai, raffinata nella giusta percentuale per ottenere lievitazioni e fragranze di alta pasticceria.
INGREDIENTI
Per circa 20 sfince
- 250 gr farina di maiorca Antichi Granai
- 120 gr burro La Cava
- 300 gr acqua
- 4 uova fresche
- 1 pizzico di sale marino siciliano
- Olio di semi di arachide per friggere
Farcitura
- 200 gr ricotta senza sale
- 80 gr zucchero
- 80 gr cioccolato fondente ridotto in scaglie
- Granella di pistacchio
- Ciliegine candite
PREPARAZIONE
Farcitura
La ricotta deve essere stata preparata almeno un giorno prima dell’utilizzo e fatta scolare dal siero.
Setacciare la ricotta e mescolare con lo zucchero. Lasciare riposare due ore circa fuori dal frigo.
Sfince
Versare in un tegame acqua, burro e sale e portare a bollore.
Togliere la pentola dal fuoco e versare tutta in una volta la farina setacciata, mescolare energicamente e rimettere sul fuoco per qualche minuto ancora.
Versare in una ciotola e lasciare intiepidire.
Dopo circa 3 quarti d’ora, unire le uova all’impasto ed amalgamare per bene.
Scaldare l’olio e versare a cucchiaiate l’impasto, facendo per bene dorare le sfince.
Scolare su carta assorbente.
Tagliare ogni sfincia a metà e farcire con la ricotta. Decorare la parte superiore con altra ricotta, scaglie di cioccolato, granella di pistacchio e ciliegine.
Premio speciale per l'olio d'oliva siciliano
L’olio extravergine d’oliva siciliano si afferma tra i migliori al mondo, conquistando posizioni di prestigio nei concorsi internazionali.
Lusinghiera conferma della grande qualità del nostro prodotto, è l’istituzione del Premio speciale Sicilia nella diciassettesima edizione del Premio Sirena D’Oro, dedicato agli oli extravergini d’oliva Dop, Igp e Bio italiani.
Nelle ultime edizioni del Premio Sirena D’Oro, la DOP Monte Etna e la DOP Monti Iblei, hanno ottenuto una successo tale da indurre il Comitato Tecnico del premio che ha sede Sorrento, di offrire uno spazio dedicato esclusivamente alla regione Sicilia.
L’importanza dell’evento, ha riunito ieri nella Sala Giunta del palazzo degli Elefanti di Catania, l’assessore Regionale all’Agricoltura Edy Bandiera, il vicesindaco di Sorrento Maria Teresa De Angelis, il presidente della Camera di Commercio del Sud Est Sicilia Pietro Agen, il presidente del Comitato Tecnico Sirena D’Oro Tullio Esposito, il presidente del Consorzio di Tutela per l’olio extravergine di oliva DOP Monte Etna Giosuè Catania, accolti dai padroni di casa Giuseppe Castiglione, presidente del Consiglio Comunale e Ludovico Balsamo, assessore comunale alle Attività Produttive.
Per garantire e tutelare la qualità dei nostri oli, bisogna anzitutto combattere le frodi
“L’azione sinergica tra i consorzi di tutela, rappresentati in maniera ineccepibile da Gino Catania, e l’assessorato regionale, è quella relativa ai controlli - afferma Edy Bandiera- In poco più di un anno il nostro governo ha effettuato oltre 500 controlli sui prodotti in entrata. Dal primo ingresso fino alle analisi di laboratorio è necessario il rigore. Dove l’obiettivo è anche quello di far entrare meno prodotti possibili, per far incrementare il mercato regionale”.
Un insieme di azioni, su più fronti, si prospettano volte all’incremento delle vendite all’interno della stessa regione.
Pietro Agen
“La Camera di Commercio punta molto all’agricoltura per l’economia regionale. Nel caso specifico dell’olio, essendo un produttore conosco benissimo le difficoltà del settore. Il percorso è ancora lungo, dobbiamo lavorare perché l’olio torni ad avere il grande valore che aveva in passato. Lo sforzo che dobbiamo fare, è quello di far comprendere il giusto costo dell’olio, non inferiore ai 10 euro al litro”.
L’enorme lavoro svolto da Giosuè Catania, trova riscontro in questa ed altre occasioni di valorizzazione degli oli siciliani,
“Il nostro vulcano qualche volta dà qualche dispiacere ma non è altro che motivo di promozione. Grazie al Premio Sirena D’Oro, oggi si istituisce un premio creato per la nostra regione. E nonostante la pessima annata per l’olivicoltura, sono circa 40 gli oli DOP, Bio ed IGP presentati alla commissione di capi panel”.
Tullio Esposito, lancia pubblicamente una sfida a Giosuè Catania “L’olio dei due vulcani”, un prodotto che unisca le olive dell’Etna e quelle del Vesuvio.
Ieri ed oggi, la commissione dei capi panel con Euplio Vitello per la Sicilia, si riunisce nel saloni della Camera di Commercio per la selezione degli oli che parteciperanno alla 17esima edizione del Premio Sirena D’Oro che si terrà a Sorrento dal 29 al 31 marzo.
Macco di fave fritto
La mia dieta è prevalentemente vegetariana, per gusto e per moltissime altre ragioni che molti sottovalutano ed altri proprio non vogliono sentire,
“Perchè noi, nella nostra cucina tradizionale abbiamo la carne, il pesce e tutto. Questa nuova abitudine di non mangiare carne è solo una moda”.
La vera moda in cucina, oggi fortunatamente riguarda altro, ed è materia di tanti bravi chef.
Ma inutile qui disquisire su questioni ambientali ed etiche, meglio focalizzarsi esattamente sulla tradizione.
La carne ed il pesce, non erano presenti quotidianamente sulle tavole, non per chi non fosse ricco, anzi.
La maggior parte delle ricette nella cucina popolare impiegava ingredienti che vengono definiti poveri. Alimenti ricchi di nutrienti che hanno sfamato e sostentato le popolazioni preindustriali.
Le rese delle semine di cereali, legumi e patate, hanno decretato la sopravvivenza di migliaia di persone, come anche la morìa.
La ricetta che propongo di seguito attiene alla nostra (siciliana) tradizione gastronomica.
Il macco fritto, è la versione, come si direbbe oggi “gourmet” di un piatto storicamente definito povero.
Ma cosa significa povero? Cosa c’è di povero in un questo piatto?
Semina, raccolta e successive fasi, dalla pulizia al confezionamento, di legumi e farine richiedono mesi di sforzi da parte di uomini, mezzi e terra, nonché la benevolenza dei cicli lunari e delle condizioni atmosferiche.
C’è poi il lavoro di cucina. C’è la matrice della creatività culinaria, quella sviluppata nella disperazione (e qua si) della povertà.
C’è la fame, perché piatti come questi nascono dalla fame, di cibo e di sopravvivenza.
INGREDIENTI
300 gr spaghetti perciasacchi “Antichi Granai”
300 gr fave secche già ammollate
3 l acqua
2 foglie di alloro
200 gr pecorino stagionato grattugiato
300 gr Farina di Maiorca “Antichi Granai”
300 gr. Pangrattato
3 uova
Olio extravergine d’oliva
Finocchietto selvatico
Sale marino
PREPARAZIONE
Cuocere le fave in acqua bollente salata insieme alle foglie di alloro (il tempo di cottura dipenderà dalla varietà del legume).
Spezzare lo spaghetto a metà, versare nell’acqua delle fave quando queste sono già morbide e far cuocere ancora 20 min. circa e comunque finché la minestra non si addensa.
Ungere con olio d’oliva una teglia di circa 29 x 25 cm, versare il macco e livellare con il dorso del cucchiaio e lasciare raffreddare per 4 ore a temperatura ambiente, dopodiché ricoprire con pellicola e riporre in frigo per 12 ore.
Sformare il macco dalla teglia facendo attenzione a non romperlo, tagliarlo a quadrati e passare questi prima nella farina, poi nell’uovo battuto con il finocchietto tritato ed infine nel pangrattato.
Friggerli in olio d’oliva.
Scolare su carta assorbente e sistemate su un piatto guarnendo con altro finiocchietto fresco tritato.
A Catania la selezione dei migliori oli siciliani per il premio "La Sirena D’oro di Sorrento"
Catania ospita una tappa importante del premio internazionale la Sirena D’oro di Sorrento, rassegna relativa agli oli DOP, IGP e BIO che nelle ultime edizioni ha premiato la qualità dell’olio extravergine d’oliva siciliano.
La 17esima edizione del Sirena d'Oro, il premio dedicato agli oli extravergini di oliva Dop, Igp e Bio italiani, che si svolgerà a Sorrento dal 29 al 31 marzo, prevede la selezione degli oli Siciliani a Catania il 15 e 16 Marzo presso i locali della Camera di Commercio, i quali saranno sottoposti ad analisi sensoriale da parte di un panel di assaggio che li valuterà e classificherà secondo i metodi del Coi, il Consiglio oleicolo internazionale e dell’Unione Europea.
Nell’ambito della manifestazione e del ricco programma, una sezione del premio è dedicata agli oli del Giappone, grande attenzione vi è anche per la produzione della Cina, mentre ospite della Rassegna sarà il Portogallo.
Cruciale sarà il dibattito nazionale ed internazionale sulle produzioni olivicole, al fine di promuovere l’olio italiano, sia sui mercati italiani che su quelli stranieri, con grandi potenzialità di espansione.
La Sicilia ha un ruolo di primissimo piano poiché è stato istituito il Premio speciale Sicilia.
Giosuè Catania, Presidente del Consorzio di Tutela Per l’olio extravergine di oliva DOP Monte Etna
“Un riconoscimento importante per una Regione che vanta l’eccellenza della produzione e che si afferma sul mercato con il suo patrimonio di biodiversità e con sei DOP e una IGP di recente istituzione, che caratterizzano le qualità di un prodotto di forte identità territoriale.
L’istituzione di un premio speciale dedicato al miglior olio Siciliano tra le categorie DOP. IGP, e Bio voluta dal comitato promotore della Sirena D’oro rappresenta un valore aggiunto per la terza Regione produttrice di olio, una Regione al centro del Mediterraneo, terra di mitologia e di cultura millenaria che grazie alla sapienza dell’uomo e alla ricchezza del territorio è in grado di conquistare il palato dei consumatori con prodotti salubri e di riconosciuta qualità”.
La città di Catania è pronta ad accogliere i graditi ospiti e gli organizzatori del premio che si terrà venerdì 15 Marzo presso la prestigiosa Sala Giunta di Palazzo degli Elefanti del Municipio di Catania, con una conferenza stampa alla quale parteciperanno il Sindaco di Catania on.le Salvo Pogliese, l’Assessore Regionale all’Agricoltura on.le Edy Bandiera, il presidente della Camera di Commercio Sicilia Sud/Est dott. Pietro Agen, il Presidente del comitato tecnico della Sirena D’oro dott. Tullio Esposito e il Vice Sindaco di Sorrento dott.sa Maria Teresa De Angelis.
Allevatori ed agricoltori siciliani, manifestazione al porto di Catania.
La rabbia manifesta con toni accesi ma composti oggi al porto di Catania.
Rabbia e disperazione dei rappresentati della terra e del mare, dell’agrobiodiversità siciliana messa a rischio da politiche irragionevoli.
La manifestazione organizzata dall’Unione Allevatori, sostenuti da molti agricoltori, ha avuto lo scopo di richiamare l’attenzione della classe politica, al fine di cambiare rotta.
Nei giorni scorsi era stata preannunciata l’occupazione simbolica del porto di Catania, luogo in cui sbarcano grano, latte, ed ogni materia prima prodotta all’estero che fa concorrenza spietata all’agroalimentare siciliano, causa prima della grave crisi economica in questo ambito.
Il presidente dell’Unione Allevatori, Carmelo Calanni, ha simbolicamente gettato in mare un fantoccio in cui si identificava “il politico”, che pensa solo ai propri interessi mettendo in ginocchio l’economia del paese.
“Non esistono bandi rivolti ai piccoli produttori - si esprime Calanni - serve ossigeno soprattutto all’entroterra ed al settore della zootecnia, il biologico indietreggia rispetto ai progressi realizzati, contro ciò che accade a tutti gli altri paesi d’Europa, il nostro gesto simbolico è un grido d’aiuto ai politici”.
Santo Bono, allevatore ed agricoltore
"Faccio un appello al presidente della regione, che ha appena istituito un tavolo tecnico per fare fronte ai problemi, ma dove i membri del tavolo tecnico sono proprio coloro che hanno distrutto l’economia regionale. Quello che chiedo al nostro presidente, è di mettersi in auto e percorrere la Sicilia come ha fatto quando era in campagna elettorale, ma questa volta per venire a vedere quali sono i problemi della regione. Anziché stare negli agi delle loro stanze, vengano in campagna. Mi auguro che i consumatori prendano coscienza della situazione, perché questa non è più una battaglia di categoria, ma sociale. Questo significa che il nostro lavoro va a tutela dell’ambiente, contro la desertificazione, il dissesto idrogeologico"
Placido Iudicella, “Grano, pesca, latte non sono la questione cruciale, la questione è solo una, i governanti di ogni livello antepongono gli interessi dei pochi a quelli dei tanti, ed agli stessi dello stato. Non c’è nessun filtro per la tutela della merci nei porti, come conseguenza di accordi europei della commissione, il lavoro di agricoltori, pescatori ed allevatori, in Italia è stato mortificato. Vogliamo sapere chi si nasconde dietro questa colossale truffa”.
La voce dei giovani è quella sicura e robusta di Simone Giaccone,26enne, agricoltore, allevatore, studente universitario che ha coinvolto altri studenti nella manifestazione.
“Non è vero che all’Italia non interessa la Sicilia, eccome se gli interessa, a loro interessa affamarci, succhiarci il sangue fino all’ultima goccia, in ogni settore. Vogliono schiavizzarci e tornare al feudalesimo. C’è un gioco chiarissimo, che è quello di far continuare ad arricchire chi lo è già.
Si attende una risposta, sperando che la pace si mantenga.
Pignolata da guinness per Lillo Freni, Giuseppe Arena e Francesco Arena
Il Carnevale a Messina non è mai stato così dolce. L’iniziativa del maestro gelatiere Giuseppe Arena e dei due ambasciatori del gusto, il pasticcere Lillo Freni e il fornaio Francesco Arena, di realizzare una pignolata da record ha avuto un’eco, in tutta la città e presso gli organi di stampa, che neppure gli organizzatori del Carnevale di Faro avrebbero potuto immaginare. I numeri di “Faro in Festa 2019” parlano chiaro. Domenica 3 marzo, a partire dalle prime ore del pomeriggio, migliaia di persone hanno affollato Faro Superiore per vedere dal vivo e gustare a pignolata da guinness dei primati del peso di oltre 100 kg, larga 90 cm e alta circa 1,30 mt. E’ stato un momento di grande aggregazione e di promozione della storia, della cultura e delle tradizioni messinesi.
Tra maschere e coriandoli, i tre professionisti, con l’ausilio dei pasticceri Rosario Zappalà, Massimo Riggio, Lillo Todaro e Umberto Maimone, hanno ultimato la preparazione del dolce tipico del Carnevale messinese, ricoprendo l’intera superficie con una colata di glassa bianca al limone e glassa nera al cioccolato e decorando la montagna di pignolata con coriandoli di zucchero colorati. Sono state oltre 700 le porzioni di pignolata distribuite al pubblico presente a fronte del pagamento di un piccolo ticket degustazione.
"Sono davvero felice che tutto sia riuscito perfettamente – ha commentato Lillo Freni - e l'impresa era particolarmente difficile, la nostra pignolata è un dolce tecnicamente impegnativo e proporne un esemplare di oltre un quintale con rifinitura in piazza è davvero insidioso. Sono felice soprattutto perché siamo riusciti a promuovere il dolce tipico della nostra città nella sua veste storica, in chiave allegorica e nel luogo più idoneo, ovvero in piazza a Carnevale, e abbiamo dimostrato, vista la massiccia e la trepidante attesa pre-degustativa, che questo dolce conserva immutato lo stesso fascino, nonostante siano passati parecchi secoli dalla sua invenzione. Riuscire a mantenere le tradizioni, a rispettarne la storia e dare profondità alla nostra cultura ritengo sia davvero gratificante" – ha concluso il pasticcere.
Un successo inaspettato anche per gli stessi ideatori dell’iniziativa, le associazioni “Il Casale del Faro”, “Banda G. Verdi”, “Faro per Fare”, “Comitato feste S. Maria Assunta” e “Centro Educazione Ambientale”, che hanno ringraziato i tre professionisti per aver contribuito a dare una grande visibilità al carnevale di Faro.
“Sono molto orgoglioso di aver contribuito al successo di questa manifestazione, riuscendo a valorizzare il territorio in cui sonocresciuto” – ha commentato Giuseppe Arena.
“E’ stata una serata bellissima, una scommessa vinta – ha affermato Francesco Arena - e la gente ha risposto con entusiasmo. Lavorare con Lillo e Giuseppe è stato bellissimo perchè oltre alla fatica c’è il sorriso e una sorta di fratellanza, e poi siamo orgogliosi che il nostro maestro pasticcere Zappalà sia venuto a coadiuvarci perché la sua esperienza è sempre importante per noi”.
Grano estero, agricoltori e allevatori bloccano il porto di Catania.
Allevatori ed agricoltori siciliani in fermento. Contro le politiche sui prezzi del latte e del grano, si organizzano per una manifestazione prevista per sabato 9 marzo a Catania.
Luogo assunto a simbolo della manifestazione, sarà esattamente il porto di Catania, proprio dove attraccano le navi che trasportano le materie prime estere, i cui prezzi bassissimi hanno sfavorito i produttori siciliani.
Sarà un’occupazione simbolica appunto, pacifica garantiscono i rappresentanti dell’Unione Allevatori, organizzatori dell’evento. Parteciperanno, oltre ai molti agricoltori, l’associazione AgriSaTe (Agricoltura Salute e Territorio) ed i Forconi siciliani.
(immagine tratta da http://www.itacanotizie.it/pastori/)
L’occupazione del porto di Catania è un grido di aiuto contro la speculazione sui prezzi del grano e del latte in primis.
Sul manifesto di AgriSaTe si legge,
“Sciopero di massa allevatori e agricoltori.
Contro il crollo dei prezzi: -1 euro al litro per il latte e -0,40 centesimi di euro al kg sul grano”.
Difendiamo la Sicilia dalle merci estere e multinazionali”
Per tutelare gli allevatori sardi e siciliani, il latte di pecora dovrebbe costare tra 1,50 e 1,30 euro, mentre il prezzo equo per il grano duro è stimato a 26,00 / 27,00 euro al quintale, poiché i costi di produzione ammontano intorno a 22,00 / 23,00 euro al quintale.
Ma il reale prezzo di mercato è di 18,00 / 20,00 euro al quintale.
La pastorizia e l’agricoltura siciliane gridano aiuto alle politiche di settore, per il momento in maniera pacifica, ma sempre più coese ed organizzate.
Immagine di copertina tratta da http://scarabeokheper.altervista.org/le-porcherie-contenute-nel-grano-estero-arriva-le-navi-nei-nostri-porti/
Frittelle di “carnaluvari" (ovvero prima di privarsi dai piaceri)
Cos’è la festa del carnevale, se non il momento in cui esprimere senza filtri la propria voglia di mettersi in mostra, di uscire fuori, allo scoperto, proprio mentre si indossa una maschera?
Le feste in maschera, o meglio, le maschere, sono le occasioni di sublimazione dell’ego, quel brevissimo lasso di tempo in cui le regole sociali cambiano e permettono di giocare ad essere ciò che si è o si aspira ad essere.
Dall’antica Babilonia ed i suoi riti, alle antesterie greche e poi i saturnali romani, si festeggia con lo stesso moto di sovversione all’autorità il carnevale cristiano.
(Carnevale in Sardegna , foto http://www.flickr.com/photos/bautisterias/32303105432/ )
Rituali dissacranti e blasfemi, attuati persino dalle stesse istituzioni religiose contro le stesse. La creazione del caos ritenuto necessario passaggio verso l’evoluzione della specie e della società. Scandagliare e verificare i limiti della follia in assenza di regole, per tornare ad una apparente regolarità.
Schiavi che diventavano re per un giorno, e padroni che si piegavano alla volontà dei loro schiavi quasi lo desiderassero da un intero anno. Salvo poi, che lo stesso schiavo-re, a conclusione dei folli riti, veniva ucciso.(1*)
Cosa rimane nel 2019 di quei riti?
Probabilmente la componente più importante del pensiero medievale, che diede il nuovo nome a quei riti, i contemporanei “carnascialeschi”.
Il dialetto, come sempre, rende il concetto più esplicito ed immediato
“Carnaluvari - Carni ha luvari - a Carni ha lassari”.
Poco meno di una settimana in cui dare sfogo a gola ed ogni altro senso per piombare nella quaresima, il diniego delle carni.
(Foto tratta da sardegnainfesta.com)
Perché? Perché la Carne è il piacere per antonomasia. La fonte di tutti i mali e di tutti i peccati, il piacere è della Carne e nella Carne.
Il cristianesimo ha scisso l’unità che è l’uomo di corpo e spirito. Dove l’ultimo raggiunge lo stato di esaltazione solo non compromettendosi con le esigenze del primo.
Da questa innaturale ed inumana separazione, sorgono le frustrazioni che hanno permesso ai capi della chiesa di tenere soggiogato l’uomo, dal medioevo degli albori a quello odierno.
Le maschere ci inquietano ed allo stesso tempo ci attraggono, perché dietro di esse pulsano i nostri desideri.
(Scena dal fiml Eyes wide shut di Stanley Kubrick)
(1*) http://cedocsv.blogspot.com/2014/03/il-carnevale-dai-saturnali-alla-festa.html
FRITTELLE DI “CARNALUVARI” (ovvero prima di privarsi dei piaceri)
INGREDIENTI
400 gr farina di Maiorca
450 ml acqua tiepida
250 ml latte fresco
200 ml miele fior d’arancio
20 gr. olio extravergine d’oliva
1 gr. lievito di birra fresco
1 cucchiaio zucchero grezzo di canna
1 pizzico di sale aromatizzato zenzero e limone “I sapori di Regalpietra”
Cannella in polvere
Olio di semi di arachide per friggere
PREPARAZIONE
- Sciolgliere il lievito in parte dell’acqua tiepida.
- Della restante acqua prelevarne una tazzina in cui sciogliere il sale.
- Scaldare poco anche il latte fresco, e versare il lievito sciolto, l’acqua rimanente e lo zucchero. Miscelare per bene.
- Versare a pioggia la farina e mescolare con una frusta, quasi alla fine aggiungere l’olio d’oliva e l’acqua in cui è stato sciolto il sale.
- Mescolare fin quando la risulterà una pastella liscia ed omogenea
- Coprire con pellicola e lasciar lievitare per almeno 3 ore.
- Quando l’impasto avrà raddoppiato il volume, friggere in abbondante olio bollente, a doratura, scolare e poggiare su un vassoio con carta assorbente.
- Scaldare a bagnomaria il miele insieme a 200 ml d’acqua, cospargere le frittelle con cannella ed abbondante miele caldo e servire.
Grani antichi, ecosostenibilità e celiachia.
Il ritorno dei grani antichi è sintomo di una società che vuole invertire la rotta, avendo compreso di stare percorrendo la strada dell’autodistruzione.
Grani antichi non è il titolo un romanzo romantico dell ‘800.
E’ divenuto un concetto bandiera, portatore di ideali tendenti alla contro globalizzazione. Un fatto sociale che nasce dal disorientamento.
(Nello Blangiforti)
La contemporaneità in agricoltura si misura con il riappropriarsi della identità di un territorio, nella ricerca dei contadini di quelle che furono le sementi autoctone o adattate al loro contesto geografico.
“Oggi coltivare i grani antichi significa stare a passo con i tempi, volgere lo sguardo verso il futuro partendo da ciò che la natura ci ha regalato, una “retroinnovazione” che da più parti viene condivisa e che punta agli ordinamenti colturali alternativi basati sulla sostenibilità”
sostiene Il dott. Nello Blangiforti, ricercatore presso la Stazione Sperimentale di Granicoltura di Caltagirone.
Assistiamo al consolidamento di nuovi circoli virtuosi. La sostenibilità di micro-ecosistemi che si ripercuote a livello globale, la ritrovata rete di relazioni che si esplica nel rapporto tra i vari produttori e operatori di filiere corte, circoscritte nel raggio di pochi km e comunque sempre regionali. Fino alla riconquista, dopo più di mezzo secolo, del rapporto diretto tra produttore e consumatore, un rapporto di fiducia e nuove interlocuzioni sociali che si instaurano e si moltiplicano.
Si attua così la riappropriazione dell’identità territoriale, per chi produce e per chi consuma.
I benefici si ripercuotono a catena, già riscontrabili nel giro di pochi anni,
- Creazione di occupazione dovuta al recupero di aree rurali abbandonate
- Ilriassetto ed il ripristino paesaggistico altrimenti in stato di degrado ed abbandono
- L’ecosostenibilità, dovuta alla rimessa a coltura dei terreni
- Lo sviluppo di cicli produttivi che chiudano la filiera nel raggio di pochi chilometri
- Il recupero dell'agrobiodiversità
E nonostante le rese delle varietà antiche siano minori rispetto a quelle moderne, in compenso si adattano molto bene ai metodi di coltivazione biologica.
Continua il dott. Nello Blangiforti
“La salute sta al centro di questo nuovo paradigma. Alimentarsi in modo sano significa vivere più a lungo ma soprattutto meglio. Un alimento che proviene da sistemi a basso input è un alimento che rispetta la nostra salute e la salute della terra”
In Italia, il sistema di monitoraggio Okkio alla salute del Centro Nazionale di Prevenzione e Controllo delle malattie che fa capo al Ministero della Salute, riporta che oltre il 40 per cento degli italiani soffre di patologie dovute a un regime alimentare sbagliato.
Numerosi gli studi in corso, di diversi enti di ricerca, sulle correlazioni tra alimenti e problemi di salute, nonché tra l’uso di fitofarmaci e gravi, se non terminali, malattie.
La correlazione tra consumo di grani moderni e celiachia è ancora sotto osservazione,
“Al giorno d’oggi uno degli aspetti più interessanti della riscoperta dei grani antichi è il loro impatto più blando, rispetto ai prodotti alimentari ottenuti dai grani comuni, sulla malattia celiaca e sull’altra forma di intolleranza alimentare nota come gluten sensitivity (Carnevali et al, 2014)”. (1*)
Ed ancora
“Le relazioni che sussistono tra lo stile alimentare di ogni individuo e la sua salute sono ampiamente documentate e sono determinate da diversi fattori, tra cui la composizione e le proprietà delle materie prime alimentari, gli effetti dei trattamenti a cui sono sottoposte, nonché dai prodotti della loro digestione nel tratto gastro-intestinale”. (1*)
Nel dubbio, preferiamo consumare esclusivamente derivati da grani antichi siciliani biologici.
Foto dall'archivio della Stazione Sperimentale di Granicoltura.
(1*) https://www.enterisi.it/upload/enterisi/documentiallegati/ABSTRACTConvegnoAISTEC2017_13660_985.pdf
(2*)http://www.expo2015.org/magazine/it/sostenibilita/grani-antichi--una-risorsa-per-il-futuro.html