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Pasta con le sarde e il finocchietto
La pasta con le sarde ed il finocchietto selvatico è un primo piatto ricchissimo di sapori robusti e profumi assolutamente siciliani.
Esiste una versione catanese, una palermitana e le mille sfaccettature isolane. Ma gli ingredienti imprescindibili sono le sarde ed il finocchietto, entrambi presenti in questa stagione.
L’amalgama di tutti gli ingredienti che caratterizzano questo piatto, rende un gusto che non ha paragoni. L’aroma sprigionato dal finocchietto e la polpa dal sapore molto intenso della sarda, che sa di mare selvaggio, restituiscono ai sensi una porzione di mediterraneo.
La ricetta della pasta con le sarde ed il finocchietto include sempre i pinoli e l’uvetta sultanina, che equilibrano in dolcezza. Il formato di pasta ideale è lo spaghetto grosso. Grazie alla ruvidità della farina integra di perciasacchi Antichi Granai, tutto l’aroma del condimento viene assorbito fino al cuore della pasta.
INGREDIENTI
500 gr spaghetti perciasacchi Antichi Granai
500 gr sarde freschissime
1 mazzo di finocchietto selvatico
2 cipollette fresche
30 gr pinoli
30 gr uvetta sultanina
1 cucchiaio concentrato di pomodoro
150 gr farina perciasacchi Antichi Granai
Olio evo
Sale
Pecorino grattugiato
PREPARAZIONE
- Lavare per bene il finocchietto, sbollentarlo in acqua salata, scolare, tritare e mettere da parte tenendo l’acqua di cottura.
- Pulire le sarde togliendo la testa, la lisca e la coda, sciacquare bene con acqua e sale ed asciugarle su carta assorbente.
- Sistemarle in un colapasta ed infarinarle. Sbattere lo scolapasta per eliminare la farina in eccesso.
- In una padella antiaderente far scaldare abbondante olio, quando è bollente friggere le sarde finchè saranno ben dorate. Dunque toglierle dalla padella con un mestolo forato e sistemare su carta assorbente.
- Sciogliere il concentrato di pomodoro con un bicchiere d’acqua tiepida.
- Sciacquare l’uvetta con abbondante acqua calda, poi tenere in ammollo con acqua tiepida per almeno 10 minuti.
- Ricoprire il fondo di un tegame con olio evo e soffriggere la cipolletta tritata, il finocchietto, i pinoli e l’uvetta ben strizzata. Aggiungere le sarde, amalgamare con il concentrato di pomodoro, mescolare bene e lasciare insaporire il tutto a fuoco basso per almeno 15 minuti, mescolando ogni tanto
- Nell’acqua di cottura del finocchietto cuocere gli spaghetti per 10 min., poi scolarli lasciando un po' d’acqua di cottura, versarli nel tegame con il condimento e mantecare amalgamando con qualche cucchiaio dell’acqua di cottura.
- Aggiungere la quantità di pecorino desiderata e servire.
“Le Vie Della Zagara” - viaggiare nella Sicilia degli agrumi
E' online il sito "Le Vie della Zagara”, una proposta di sette itinerari di Turismo Relazionale Integrato, tracciati nei territori delle produzioni agrumicole di qualità IGP, DOP e biologiche.
Itinerari lungo i quali scoprire la biodiversità, la cultura e l’incredibile patrimonio paesaggistico e storico-culturale della Sicilia in armonia con la natura e le produzioni di agrumi.
Il profumo della zagara conduce in esperienze volte alla scoperta di donne e uomini che accolgono i visitatori nei loro agrumeti, per condurli alla conoscenza delle tradizioni enogastronomiche.
Per aiutare i turisti ad addentrarsi in questo mondo è on line il sito web, in lingua italiana e inglese, Le Vie della Zagara (www.levidellazagara.com), che promuove il progetto di Turismo Relazionale Integrato promosso dal Distretto produttivo Agrumi di Sicilia e dall’Associazione Gusto di Campagna, con la collaborazione dei Consorzi di tutela delle produzioni Dop, Igp e Biologiche.
Il sito – realizzato nell’ambito del progetto Social Famring - propone sei itinerari di viaggio nei territori dove crescono gli agrumi più pregiati: dalla Via dell’Arancia Rossa di Sicilia Igp nell’area della Piana di Catania, di Siracusa e parte della provincia di Enna a quella dell’Arancia di Ribera Dop nell’Agrigentino, dall’itinerario del Limone di Siracusa Igp a quello del Limone Interdonato di Messina Igp lungo la costa Ionica messinese, sino alla Via del Limone dell’Etna Igp lungo la costa etnea, per finire con la Via del Mandarino Tardivo di Ciaculli, presidio Slow Food nella Conca d’Oro di Palermo. Un ulteriore itinerario trasversale a tutti è quello della Via degli Agrumi Biologici, legato alle produzioni biologiche.
Dopo il lockdown, questa forma di turismo è l’occasione per riassaporare la Sicilia più autentica e sana, che si apre all’accoglienza in un modo nuovo, con tempi, spazi e approcci più che mai consoni al momento storico che stiamo vivendo.
Ogni itinerario propone una “esplorazione” del territorio tra campagne, monumenti, città e paesaggi unici, unendovi l’esperienza di conoscere da vicino le aziende produttive, le persone che con dedizione coltivano gli agrumi, i sapori autentici di questi angoli incantevoli della Sicilia. Per ciascun itinerario il sito illustra dei “pacchetti tipo” per gite da un giorno, viaggi brevi da tre giorni o più lunghi, da cinque giorni. Ogni itinerario prevede diverse attività quali la visita negli agrumeti e alle aziende agricole, la degustazione di spremute, la partecipazione alla raccolta degli agrumi, cooking class, visite guidate a città e monumenti, visite a laboratori artigianali o a cantine vinicole.
Ogni itinerario viene costruito a misura del viaggiatore, non c’è niente di preconfezionato. Sul sito, infatti, è possibile compilare un form manifestando l’intenzione di percorre una o più Vie della Zagara, inserendo le proprie preferenze e priorità. Lo staff dell’associazione Gusto di Campagna provvederà a costruire l’itinerario su misura, in base ai desiderata del richiedente per offrire ai viaggiatori un’esperienza indimenticabile.
Il sito web levidellazagara.com è stato realizzato grazie al progetto Social Farming, promosso dal Distretto Agrumi di Sicilia e Alta Scuola Arces con il contributo non condizionato di The Coca-Cola Foundation. All’interno del progetto sono stati realizzati anche due corsi di formazione – l’ultimo ancora in itinere – per formare operatori sul fronte del turismo relazionale integrato e nella costruzione degli itinerari di viaggio lungo le Vie della Zagara.
Gnocchi con crema di fave e pomodorini
Succulenti, sostanziosi e perfetti con ogni sugo, gli gnocchi di patate sono tra i primi piatti più amati della tradizione gastronomica italiana.
La ricetta di questo primo piatto italiano, che però può benissimo diventare un piatto unico, non è uguale mai. E naturalmente qui la chicca è la farina integrale di perciasacchi Antichi Granai, dunque una vera specialità perché regala un gusto unico ed inimitabile.
Per ottenere gnocchi morbidissimi ed allo stesso tempo compatti, il segreto è utilizzare le patate a pasta gialla che assorbono molta acqua. Inoltre questa tipologia di patata è più dolce rispetto alle altre. Ed al contrario che per la ricetta tradizionale con semole raffinate, questo è il segreto per preparare gnocchi perfetti con la farina integrale di perciasacchi.
La ricetta degli gnocchi con la farina integrale di perciasacchi non prevede l’impiego dell’uovo, ed è così adatta anche per chi ne è intollerante.
Una volta preparati sono infiniti i modi in cui poterli condire, qui una ricetta con ortaggi di stagione.
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INGREDIENTI
Per gli gnocchi
400 gr patate a pasta gialla già cotte
200 gr farina integrale di perciasacchi
½ cucchiaino da thè di sale
Per il condimento
400 gr di fave fresche già sbucciate
Qualche ciuffo di finocchietto selvatico
300 gr pomodorini freschi pachino
1 cipolletta fresca
Olio evo
Sale
Ricotta salata
PREPARAZIONE
Gnocchi
- Bollire le patate, quando saranno molto morbide scolarle, togliere la buccia e pesare il quantitativo necessario.
- Passarle caldissime nello schiacciapatate facendole cadere in un recipiente. Aggiungere il sale e la farina, impastare.
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- Trasferire l’impasto su una spianatoia di legno e continuare a lavorare finchè non diventa liscio ed omogeneo.
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- Allungare l’impasto con entrambe le mani, poi ricavare dei filoncini e suddivideteli, con l’aiuto di un coltello o di un tagliapasta, in ulteriori cilindretti di circa un cm.
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- Facendo una leggera pressione con il palmo della mano, trascinateli sul riga gnocchi per ottenere la classica forma. (Oppure dare forma arrotondata coi palmi delle mani).
Condimento
- In un tegame, cuocere a fuoco lento con un po' d’acqua le fave ed il finocchietto, aggiustando di sale.
- Quando le fave saranno cotte e l’acqua si sarà ristretta, trasferire in un boccale d’acciaio e lasciare intiepidire. Aggiungere poi un due cucchiai d’olio evo e passare al mixer.
- Soffriggere in una ampia padella antiaderente l’olio e far dorare la cipolletta tagliata sottilissima. Nel frattempo lavare e mondare i pomodorini, tagliarli in quarti e soffriggerli in padella con la cipolla per circa 15 min., coprendo con il coperchio.
- Portare a bollore l’acqua in una pentola capiente, salare e tuffare gli gnocchi. Non appena questi ultimi verranno a galla, scolarli, tenendo da parte mezzo bicchiere di acqua di cottura.
- Versare sul fondo della stessa pentola la purea di fave, amalgamare con l’acqua di cottura e poi aggiungere gli gnocchi e condirli mescolando delicatamente. Trasferirli subito nella padella e far assorbire il sugo di pomodorini, mantecando per 2 min.
- A piacere condire con ricotta salata grattugiata.
Crackers, la ricetta con farina Rosso di Sicilia®.
Una miscela di farine da grani antichi siciliani sta conquistando panifici e pizzerie in numero sempre maggiore, è Rosso di Sicilia, prodotto di punta della gamma “Le farine di Giovanni Billeri”.
La lunga esperienza nella molitura di Giovanni Billeri, lo ha condotto nella ricerca di una miscela perfetta per il suo ideale di pane, l’omonimo Rosso di Sicilia. Giovanni ha selezionato alcune varietà di grani antichi siciliani, per poi bilanciare le percentuali nelle farine e creare un perfetto equilibrio di sapori e profumi, esaltato dalla macina a pietra.
La versatilità della farina Rosso di Sicilia, facilita nell’ideare ricette sempre diverse, che siano nuove o personalizzazioni di quelle già esistenti.
Questa volta l’input è dato dal desiderio di poter portare fuori casa uno snack genuino, privo di conservanti e additivi e comunque a medio-lunga conservazione.
Così ho ideato i crackers aromatizzati, che mi supportano, insieme alla frutta secca, negli spuntini che intercorrono tra i pasti principali.
Quando si trascorrono intere giornate fuori per lavoro, è altissimo il rischio di avere attacchi di fame ed acquistare la prima cosa che ci capiti a tiro, ovvero prodotti industriali ricchi di sostanze per niente nutrienti e anzi nocive.
I crackers non subiscono gli effetti da sbalzi di temperature, per questo possono essere portati sempre in borsa con noi, placando la fame improvvisa senza intaccare la forma fisica.
A casa naturalmente si spalmano di qualunque cosa ci faccia gola! Dai formaggi freschi, ai patè; dalla marmellata alle creme dolci.
Nella ricetta che segue ho inserito una polvere di agrumi e finocchietto selvatico, aromi siciliani preparati da Sapori di Regalpetra, proprio perché ho pensato ad un consumo senza aggiunta di altri ingredienti, facendo sì che risultino più appetitosi.
Ingredienti
260 gr farina Rosso di Sicilia
180 gr acqua
1 gr lievito di birra
1 cucchiaio olio evo bio
1 cucchiaino sale
1 cucchiaio polvere di agrumi e finocchietto Regalpetra ( a piacere)
PREPARAZIONE
- Scaldare poco l’acqua, appena è tiepida sbriciolarvi il lievito e sciogliere bene.
- In una ciotola capiente versare la farina, aggiungere il cucchiaio di aromi e miscelare. Versare l’acqua con il lievito ed iniziare ad impastare, alla fine aggiungere l’olio ed il sale , continuare ad impastare finché diventa liscio ed elastico.
- Coprire con una pellicola e lasciare a riposare tre ore circa.
- Riprendere l’impasto, suddividerlo in panetti, stendere con il matterello delle lunghe strisce rettangolari, dello spessore di 2-3 millimetri.
- Suddividere i crackers con un coltello affilato o una rondella, tagliando prima in maniera decisa per formare il singolo cracker e poi delicatamente procedere con un unica linea orizzontale al centro per creare il punto di divisione.
- Bucherellare con uno stuzzicadenti le superfici, sistemare su una teglia ricoperta da carta da forno e far cuocere a 180° per 10- 15 min.
Macco di fave fritto
La mia dieta è prevalentemente vegetariana, per gusto e per moltissime altre ragioni che molti sottovalutano ed altri proprio non vogliono sentire,
“Perchè noi, nella nostra cucina tradizionale abbiamo la carne, il pesce e tutto. Questa nuova abitudine di non mangiare carne è solo una moda”.
La vera moda in cucina, oggi fortunatamente riguarda altro, ed è materia di tanti bravi chef.
Ma inutile qui disquisire su questioni ambientali ed etiche, meglio focalizzarsi esattamente sulla tradizione.
La carne ed il pesce, non erano presenti quotidianamente sulle tavole, non per chi non fosse ricco, anzi.
La maggior parte delle ricette nella cucina popolare impiegava ingredienti che vengono definiti poveri. Alimenti ricchi di nutrienti che hanno sfamato e sostentato le popolazioni preindustriali.
Le rese delle semine di cereali, legumi e patate, hanno decretato la sopravvivenza di migliaia di persone, come anche la morìa.
La ricetta che propongo di seguito attiene alla nostra (siciliana) tradizione gastronomica.
Il macco fritto, è la versione, come si direbbe oggi “gourmet” di un piatto storicamente definito povero.
Ma cosa significa povero? Cosa c’è di povero in un questo piatto?
Semina, raccolta e successive fasi, dalla pulizia al confezionamento, di legumi e farine richiedono mesi di sforzi da parte di uomini, mezzi e terra, nonché la benevolenza dei cicli lunari e delle condizioni atmosferiche.
C’è poi il lavoro di cucina. C’è la matrice della creatività culinaria, quella sviluppata nella disperazione (e qua si) della povertà.
C’è la fame, perché piatti come questi nascono dalla fame, di cibo e di sopravvivenza.
INGREDIENTI
300 gr spaghetti perciasacchi “Antichi Granai”
300 gr fave secche già ammollate
3 l acqua
2 foglie di alloro
200 gr pecorino stagionato grattugiato
300 gr Farina di Maiorca “Antichi Granai”
300 gr. Pangrattato
3 uova
Olio extravergine d’oliva
Finocchietto selvatico
Sale marino
PREPARAZIONE
Cuocere le fave in acqua bollente salata insieme alle foglie di alloro (il tempo di cottura dipenderà dalla varietà del legume).
Spezzare lo spaghetto a metà, versare nell’acqua delle fave quando queste sono già morbide e far cuocere ancora 20 min. circa e comunque finché la minestra non si addensa.
Ungere con olio d’oliva una teglia di circa 29 x 25 cm, versare il macco e livellare con il dorso del cucchiaio e lasciare raffreddare per 4 ore a temperatura ambiente, dopodiché ricoprire con pellicola e riporre in frigo per 12 ore.
Sformare il macco dalla teglia facendo attenzione a non romperlo, tagliarlo a quadrati e passare questi prima nella farina, poi nell’uovo battuto con il finocchietto tritato ed infine nel pangrattato.
Friggerli in olio d’oliva.
Scolare su carta assorbente e sistemate su un piatto guarnendo con altro finiocchietto fresco tritato.
Sicilia, la regione più desiderata.
Alla Borsa Internazionale del Turismo a Milano, la Sicilia afferma il suo primato di qualità, è la regione più scelta dai viaggiatori italiani per il turismo enogastronomico.
Il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci dichiara
«Sul piano turistico la Sicilia vive il suo momento magico. Dovunque andiamo, da Rimini a Verona, da Bruxelles a Berlino, i nostri stand sono i più visitati, i più graditi”
L’isola si trova al primo posto nella classifica, seguita dalla Toscana e dall’Emilia Romagna. A dirlo è il rapporto sul turismo enogastronomico italiano 2019, presentato alla Bit di Milano.
I prodotti alimentari siciliani, riconosciuti e richiesti non solo Italia, contano numeri, da primato appunto.
Con 33 prodotti ad Indicazione Geografica e 31 vini a Denominazione, la Sicilia è la quarta regione italiana per numero di prodotti agroalimentari certificati, ma è anche la terza per numero di aziende agricole con vite e per numero di frantoi.
Incrementi importanti anche nel settore della ristorazione e per le aziende agrituristiche, che crescono in qualità dell’offerta oltre che in numero.
Alla scorsa BIT di Milano, l’immenso padiglione “Piazza Sicilia”, ha esposto i settori regionali di Turismo, Agricoltura, Territorio e ambiente, Attività produttive, Beni culturali oltre all’Istituto per l’incremento.
In primo piano, naturalmente, la promozione degli itinerari di viaggio più suggestivi, a cominciare dai cinque Parchi naturali regionali – Etna, Madonie, Nebrodi, Fluviale dell’Alcantara e Monti Sicani – che la Regione progetta di inserire in un’unica offerta di slow tourism all’interno del brand “Sicilia, Paradiso in terra”, e dai borghi siciliani vincitori, negli ultimi anni, di ben quattro edizioni del premio “Il Borgo dei Borghi”: Petralia Soprana, Sambuca di Sicilia, Montalbano Elicona e Ganci.
Ma ciò che in assoluto attrae di più, sono arancini, cannoli e cassate!
Zeppole (o Sfinci) di riso.
Dopo la sperimentazione con le zeppole di grano che ho proposto qualche mese fa, ritorno alla tradizionale ricetta.
E’ indubbiamente meno laboriosa e, ad avviso mio e di tutti quelli che hanno potuto fare la differenza, di gran lunga più buona!
Il riso è morbido e soffice, decisamente più idoneo rispetto al grano in chicchi per l’impiego nei dolci. Nelle zeppole, in cui viene pastellato con latte e farina, diventa una nuvola da sciogliere in bocca.
Per fortuna le preparo solo in due occasioni l’anno, perché ne potrei mangiare chili.
Sto cercando di raccogliere quante più informazioni possibili in merito alle coltivazioni del riso in Sicilia, interessante a tal proposito l’articolo del dott. Paolo Caruso, che pubblico contestualmente nella sezione “blog” del sito.
Oltre che per gli aspetti storico-culturali, è importante indagare sulle varietà che furono coltivate nei secoli addietro. Questo per comprendere l’origine delle ricette tradizionali che ancora oggi prepariamo.
Non è vero che ci portiamo dietro dalla nostra antenata gastronomia proprio tutto, molte pietanze sarebbero oggi improponibili per il loro mix di ingredienti, per il loro sapore troppo “forte” o “selvaggio” (qui soprattutto pensando a carni o parti di animali…), e anche perché le nuove generazioni hanno (abbiamo) assimilato abitudini alimentari che mirano alla ricerca del gusto industriale, cioè dei prodotti il cui sapore è falsato dalla chimica.
Quando invece si parla di zeppole o arancini di riso, il successo è trasversale in quanto a tempi e luoghi, dal momento che non solo i siciliani ne vanno ghiotti.
E tornando al riso in Sicilia, mi incuriosisce moltissimo il fatto che le ricette tipiche nostrane lo impiegano quasi sempre in preparazioni in cui esso è “ammassato”, addensato insieme altri ingredienti.
Oggi non è comunque arrivato il momento di tirare conclusioni, anche se molto ho già immagazzinato.
Per approfondire vi rinvio intanto all’articolo di Paolo Caruso. http://www.federicagenovese.com/index.php/blog/item/47-il-ritorno-del-riso-in-sicilia-paolo-caruso-e-paolo-guarnaccia
Di sicuro però è il giorno in cui posso regalarvi la mia speciale ricetta delle zeppole (o sfinci) di riso.
INGREDIENTI:
ü 400 gr riso per arancini
ü 400 gr farina di maiorca
ü 1 l latte fresco intero
ü stecche di cannella
ü scorza d’arancia
ü cannella in polvere
ü lievito secco bio
ü miele di fiori d’arancio bio
ü 400 ml acqua
ü sale q.b.
ü olio per friggere
PREPARAZIONE:
La sera prima di preparare le zeppole, far bollire il riso in 400 ml di latte in aggiunta all’acqua, insieme a qualche stecca di cannella ed alla scorza grattugiata di due arance. Salare q.b.
Il riso a fine cotture dove avere assorbito tutti i liquidi e rimanere cremoso, se così non fosse aggiungere acqua bollente finchè necessario.
L’indomani, intiepidire circa 200 ml di latte, aggiungere un po’ di lievito e versare sul riso rappreso per renderlo di nuovo morbido e umido. A questo punto versare poco alla volta la farina e mescolare fino a quando non si avrà un impasto omogeneo ma dalla consistenza molle, una pastella. Se necessario aggiungere dunque altro latte.
Ricoprire il contenitore contenente l’impasto con pellicola e lasciar riposare circa 3-4 ore.
Una volta lievitato portare a temperatura l’olio e tuffare le zeppole, rigirandole finchè non risulteranno be dorate. Adagiare su carta assorbente per eliminare l’eccesso di olio.
Quando saranno ben asciutte e tiepide, sciogliere il miele a bagnomaria con un paio di chucchiai d’acqua, versarlo caldo sulle e zeppole e spolverare con cannella in polvere.
Le zeppole che Santa Lucia preparò a San Giuseppe
Le tradizioni, specie quando si tratta di gola, vanno sempre rispettate.
Al papà per antonomasia dedichiamo ogni anno le succulente zeppole o “sfince” di San Giuseppe; fritte, dorate, che profumano di miele, cannella e riti d’affettuosità.
Il riso è nella gran parte delle ricette l’ingrediente principe, fatta eccezione per qualche versione che prevede un impasto a base di farine e uova.
Chi sta sempre in cucina ha però voglia di sperimentarsi in nuove elaborazioni, che non si discostino troppo dall’idea originale ma che apportino alla pietanza la propria originalità.
Qui in Sicilia poi, l’enorme varietà di materie prime di cui disponiamo fa da stimolo costante.
Il grano in chicchi viene utilizzato nella antica pasticceria casalinga siciliana per preparare la “cuccìa” il giorno di Santa Lucia, 13 dicembre. Ma ciò non è consuetudine nella Sicilia orientale.
E non avendo potuto onorare i preziosi chicchi di grano maiorca, donatimi dal mulino Damigella, il giorno in cui si festeggia la Santa che porta la luce, spero Lei non me ne voglia se ho deciso di farne zeppole da offrire al santo patrono della mia cittadina.
Che sia stato questa volta il grano piuttosto che il riso a diventare zeppola, è dipeso dalla mia inesauribile curiosità nel voler ricercare, oltre che le ragioni culturali e geografiche, quelle che in questo caso attengono più strettamente alla scienza gastronomica che fu delle antiche cuoche (così esatta da replicare oggi costantemente i loro elaborati).
Mi riferisco in primis alla quantità d’amido che sprigiona il riso in cottura piuttosto che il grano. Scopro poi la differenza nella delicatezza e cremosità al palato della loro ricetta.
Già durante la fase di bollitura i miei conti tornano, e comincio a pensare a come poter addensare adeguatamente senza utilizzare uova, per fare comunque fede alla ricetta.
Semplice: basta fare una pastella in cui invischiare i chicchi che tendono a rimanere ben slegati.
Ricetta riuscitissima, l’impasto morbido e spumoso si sposa benissimo con una lieve croccantezza del cereale. Da alternare ti tanto in tanto a quella originale.
Ingredienti:
500 gr Chicchi di grano Maiorca
2 L Latte fresco intero
380 gr Farina integra (ho usato la miscela “ per dolci” del mulino Damigella)
½ L Acqua
2 Arance non trattate
1 Limone non trattato
70 gr lievito madre o 20 gr lievito di birra
Noce moscata
Chiodi di garofano
Cannella (1 stecca più la polvere)
Estratto o bacca di vaniglia
Sale q. b.
3 / 4 cucchiai zucchero integrale di canna
Miele
Olio per friggere
Preparazione:
La preparazione deve avvenire necessariamente in due giorni.
Mettere in ammollo il grano in acqua fredda al mattino per farlo ammorbidire, lasciarlo l’intero giorno cambiando l’acqua circa 3 volte.
A sera, e comunque dopo almeno 8 ore di ammollo, versare in una pentola capiente il latte e grattugiare la scorza degli agrumi, aggiungere l’acqua, una stecca di cannella, un paio di chiodi di garofano (le spezie andranno poi eliminite) e qualche spolverata di noce moscata. Far bollire ed aggiungere il grano scolato e ben sciacquato. Quando riprende l’ebollizione, salare ed aggiungere due cucchiai di estratto di vaniglia o la polpa di una bacca. Far cuocere fin quando i chicchi risultano teneri, un paio d’ore circa.
Una volta spenta la fiamma, coprire con il coperchio e lasciare nel rimanente liquido di cottura fino al mattino seguente.
Scolare il grano raccogliendo il latte in un recipiente, quest’ultimo servirà per sciogliere il lievito e creare l’impasto con la farina (ho ottenuto circa 800 gr di liquido e ne ho impiegati poco più di 300). Dopo aver sciolto il lievito madre (o di birra) con un po’ di latte, aggiungere la farina ben setacciata alternandola al liquido, in modo da creare una pastella, versarvi dunque la maiorca in chicchi ed aggiungere lo zucchero. Amalgamare per bene, coprire il recipiente con la pellicola per alimenti e lasciar riposare in un luogo tiepido per qualche ora.
La lievitazione sarà meno lunga se si utilizza il lievito di birra.
Quando il composto sarà ben lievitato, stenederlo su una spianatoia e prelevarne piccoli bastoncini aiutandosi con due spatole da cucina.
Friggere in abbondante olio bollente, asciugarle su carta assorbente e cospargerle con miele sciolto a bagnomaria e cannella.
Ciambelline Dolci Di Patate
Mi ha sempre incuriosito entrare nelle cucine in casa degli altri, a guardare come fossero arredate ed organizzate anche, ma specialmente a vedere come vi si muovono le padrone.
Si intuisce subito se c’è amore e passione per ciò che si cucina o se lo si svolge semplicemente come dovere. Dunque mi soffermo lì dove il sentimento è l’ingrediente segreto di ogni pietanza.
Il calore che effonde la cucina è l’istinto e l’affetto materno che si adopera affinchè i figli vengano adeguatamente nutriti.
Il focolare domestico indica insieme la donna ed il cibo, che sostengono la famiglia. Il fuoco genera calore, il calore cova e cuoce il cibo, ne esalta gli odori ed i sapori e questi, ripetuti, creano familiarità e rassicurano. Allo stesso modo la donna genera i figli, ed essi sono rassicurati e rasserenati dall’odore della madre che li stringe a sé. Questo abbraccio si ripete nelle pietanze che serve loro.
Mi fa sentire amata stare in cucina con chi prepara il cibo. Ascolto ed osservo la storia di una famiglia, le tradizioni di un paio di generazioni, i nessi che nonostante le evoluzioni tengono salde le successioni di un DNA.
In realtà non è poi così frequente sentire e vivere tali condizioni culturali e sociali, per cui torno spesso al calore di quei focolari che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare.
La signora Ninetta è assolutamente un unicum nel panorama delle mie conoscenze. Con lei non si tratta di uno scambio di ricette, ma piuttosto di aver compreso quanta fatica facessero veramente le donne a cavar cibo per i propri cari.
L’orto, il caseificio, il pane, le conserve di ogni sorta, metà dicembre impiegato nella trasformazione del maiale in salumi e strutto, e i suoi meravigliosi cannoli preparati con quest’ultimo; il mais portato al mulino per farne polenta e tante, tantissime lezioni di cucina, vita e di amore verso la natura ed il prossimo.
Vorrei trascorrere ore con lei davanti la sua stufa a farmi raccontare la vita.
Come pochi generosissima nello svelare e regalare le sue ricette, anche questo mi ha insegna to, che non ha alcun senso essere gelosi dei propri ricettari e che anzi, la condivisione è anch’esso un atto d’amore per il cibo.
Così voglio omaggiare Ninetta e gli appassionati (ma chi no lo è?!) dei dolci fritti donando la sua ricetta delle buonissime ciambelline di patate che da qualche anno è diventata una delle mie predilette preparazioni per festeggiare il carnevale.
INGREDIENTI
1 Kg Patate a pasta gialla
1 Kg Farina integra per dolci Damigella
100 g Burro
2 Uova intere
1 Tuorlo
20 gr Lievito di birra
1 Cucchiaio di grappa
1 Tazzina di latte
Qualche cucchiaino di zucchero
Cannella in polvere q.b.
Preparazione
Lavare le patate e bollirle. Versare la farina a fontana su un piano da lavoro, sbucciare le patate e schiacciarle ancora bollenti al centro della fontana, unire il sale, il burro fuso e raffreddato, le uova a temperatura ambiente ed il lievito sciolto nel latte tiepido, amalgamare un po’ ed aggiungere la grappa.
Lavorare energicamente fino ad ottenere un composto morbido. Lasciar riposare almeno un’ora.
Cospargere di farina il piano da lavoro ed appoggiarvi il panetto ottenuto. Ricavare dall’impasto tanti piccoli panetti e formarne dei rotolini lunghi circa 20 cm e spessi circa 2 cm. Formare dunque le zeppole unendo le due estremità e chiudere la ciambellina facendo pressione con le dita.
Friggere in abbondante olio bollente e prima di servire spolverare con zucchero e cannella.