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Il pane è sacro, ma ce ne scorderemo.
Perché adesso tutti desiderano preparare il pane in casa?
La sacralità del pane riemerge e si palesa alle generazioni ignare della traccia che ha segnato la storia dell’umanità. Ed ora, si manifesta il legame invisibile ma imprescindibile tra l’uomo e la sua originaria forma di sopravvivenza, il seme.
Semi ed acqua, si riscoprono fonti di vita.
Così, la corsa all’accaparramento di farina, l’attenzione quasi ossessiva all’ingrediente primo del nutrimento, è scaturita anche in chi mai aveva neanche lontanamente immaginato di cimentarsi in preparazioni casalinghe di lievitati.
Panifici e supermercati continuano a garantire gli alimenti, non è una necessità o comunque non lo è per la maggioranza. E non è neanche un modo come un altro per far trascorrere il tempo in casa.
È l’essersi scrollati, in brevissimo tempo, tutte quelle stratificazioni degli anni del progresso, della tecnologia, della conquistata libertà per le donne. Come se tutto d’un colpo i riflettori di una vita caotica e frenetica, spegnendosi, avessero costretto ognuno ad un confronto con sé stesso, con la propria natura di essere, umano e fragile, assoggettato ad un ecosistema che oggi l’ha vinta.
Improvvisamente si è passati dalle domeniche trascorse nella bolgia dei centri commerciali, dove il cibo non aveva nessun valore se non quello di colmare una fame capricciosa, al filo diretto coi mulini artigianali, che si ritrovano intasato l’e-commerce.
Ma chi li aveva mai considerati negli ultimi 60 anni i mulini?!
I mulini, il prezzo del grano schizzato alle stelle, l’accaparramento, sembra di essere nel dopoguerra. Quando la gente campava la famiglia col pane.
E forse ci è tornata la memoria ed è per questo che vogliamo di nuovo imparare a fare il pane.
Il pane è sacro, perché viene dal grano, e il grano è il seme della vita. È quel seme che ha dato il tormento e la soddisfazione all’uomo nella sua storia, perché la vita e la sopravvivenza delle popolazioni era correlata ai raccolti. Mesi di preghiere verso il cielo e lavoro con la testa china, per portare il pane sulla tavola di una famiglia. E se accadeva, era considerato un miracolo.
Adesso qualcosa è riemerso, ma non credo con consapevolezza.
L’uomo dimentica in fretta soprattutto gli eventi negativi e traumatici. Torneremo (tornerete) a mangiare pseudo-pane industriale precotto nei centri commerciali, pensando che quella sia la felicità.
Pane integrale con lievito madre
La ricetta del pane fatto in casa è quella più richiesta in questo periodo, e quella con lievito madre è il massimo per chi vuole realizzare un ottimo prodotto. Ma non tutti dispongono del lievito madre e per questo c’è bisogno dell’alternativa ovvero il lievito di birra.
Per fare il pane però servono anzitutto farine di altissima qualità, come queste che utilizzo qui: perciasacchi e russello integre Antichi Granai.
E sicuramente l’unione fa la forza…ed il gusto! Per questo preferisco miscelare più varietà di grani antichi siciliani ed ottenere sfumature di gusto intense e sempre particolari.
La ricetta del pane con lievito madre che vi propongo qui, ha un procedimento medio lungo e prevede più lavorazioni dell’impasto, però il risultato è garantito, e per adesso che di tempo a disposizione ce n’è tanto è meglio approfittarne per imparare l’arte! E per capire meglio tutti i passaggi ti consiglio di guardare il video tutorial che ho realizzato su youtube https://urly.it/354j3
Dai un’occhiata anche alla ricetta di pane solo perciasacchi https://urly.it/354hw
INGREDIENTI
600 gr farina russello Antichi Granai
400 gr farina perciasacchi Antichi Granai
750 gr acqua
100 gr lievito madre (o 10 gr lievito di birra)
20 gr sale
PREPARAZIONE
Il procedimento di preparazione e lievitazione ha durata di circa 8 ore, che potrebbero protrarsi in giornate molto fredde o al contrario accorciarsi di un’ora circa d’estate.
- Per prima cosa, spezzettare il lievito e scioglierlo in tutta l’acqua con le mani.
- In un’altra ciotola miscelare per bene le farine, poi piano piano versarle nella ciotola con l’acqua e nel frattempo iniziare a lavorare con le mani, per far prendere tutta l’acqua alla farina.
(in planetaria versare l’acqua con il lievito sulla farina ed impastare per circa 5-8 minuti)
- Aggiungere il sale in due riprese ed impastare con i pugni, per almeno 20 minuti.
- Quando l’impasto è abbastanza elastico ed omogeneo, stendere su una spianatoia e fare le pieghe a tre per due volte.
- Chiudere tutte le pieghe e creare un panetto, riporre in una ciotola con il fondo già infarinato, coprire con un canovaccio umido e far lievitare in forno spento per tre ore.
- Riprendere l’impasto e fare di nuovo due giri di pieghe a tre, procedere come prima in ogni passaggio e far lievitare ancora 3 ore.
- Togliere l’impasto lievitato dal forno e capovolgere sulla spianatoia infarinata
- Dividere l’impasto in 4 parti se si preferisce un pane più basso, altrimenti in due.
- Procedere alla formatura dei filoni e riporli su carta forno infarinata
- Coprire con canovacci puliti e lasciare lievitare ancora due ore
- Preparare il forno alla massima temperatura, incidere i filoni con dei tagli ed infornare per un’ora.
Pan d'arancio
Il pan d'arancio è un dolce tipico della tradizione siciliana, che conquista perché è semplice ma pieno di gusto, il gusto marcato ed intenso dell’agrume.
La particolarità consiste nell’impiego del frutto per intero, dunque non il succo o la scorza, ma l’aggiunta nell'impasto di arance intere, buccia compresa. Questo fa in modo che il sapore d’arancia nella della torta sia molto intenso. La condizione necessaria è però che si tratti di arance da coltivazione biologica, non trattate in superficie.
Quindi, oltre ad essere un dolce delizioso è anche un modo goloso per utilizzare eventuali arance molto mature.
Il pan d'arancio si realizza in modo facile e veloce e tutti possono prepararlo, basta avere a disposizione un buon mixer che possa frullare bene le arance, ed una frusta elettrica.
Ho utilizzato una varietà di arance bio siciliane dalla polpa e dalla buccia più scura, chiamata appunto “il moro”, ma purchè sia biologico vanno bene anche altre varietà.
La torta di arancia, morbida ma piacevolmente umida, è perfetta per la colazione e la merenda.
INGREDIENTI
400 gr arance bio
280 gr farina di maiorca Antichi Granai
120 ml latte
100 ml olio di semi
230 gr zucchero
4 uova
2 cucchiaini di lievito per dolci
½ bacca di vaniglia
Un pizzico di sale
Per decorare
Marmellata bio d’arance
Scorzette candite
PREPARAZIONE
- Lavare, asciugare e tagliate le arance a spicchi, quindi a pezzi, senza sbucciarle. Privarle dei semi e raccoglierle in un mixer insieme all’olio e al latte.
- Montare le uova con lo zucchero, la polpa prelevata dalla bacca di vaniglia, ed un pizzico di sale, per circa 10 min o comunque finchè non risulterà un composto bianco e spumoso.
- Versare a cucchiai la farina setacciata con il lievito, continuando con la frusta finchè avrà incorporato tutta la farina.
- Aggiungere l’emulsione di arance, e amalgamare ancora con la frusta l’impasto.
- Foderare una teglia del diametro di 22 cm, versare l’impasto e cuocere a 180° per 50 min.
- Decorare con un velo di marmellata e scorzette candite.
Torta morbida al cioccolato
Questa Torta golosissima, morbida e fondente, è assolutamente irresistibile per chi ama il cioccolato.
Perchè la torta morbida al cioccolato fondente si scioglie in bocca con la sua consistenza cremosa.
Dunque è perfetta a colazione, ottima a merenda ed in qualsiasi momento ci si voglia concedere una coccola speciale, per qualunque membro della famiglia. Infatti la torta al cioccolato fondente è una ricetta che conquista grandi e bambini, ma per gli amanti del cioccolato è un must. Vedrete che la sua scioglievolezza conquisterà chiunque.
Gli ingredienti sono pochi e tutti di alta qualità, la farina è maiorca biologica di Antichi Granai (https://www.antichigranai.com), i grani antichi siciliani biologici.
L’ultima volta che ho postato una ricetta con cioccolato è stato molto tempo fa, quando ho preparato la bavarese alla cioccolata di modica (leggi la ricetta https://bit.ly/2wBySkV)
Di seguito i svelo tutti i passaggi per realizzare una ricetta perfetta per tutte le occasioni. Seguendo le istruzioni passo passo sarà sempre un successo assicurato!
INGREDIENTI
250 gr cioccolato fondente
150 gr burro
130 gr zucchero
50 gr farina di maiorca Antichi Granai ( https://bit.ly/2W3cBY5)
2 cucchiaini di lievito in polvere
4 uova bio
Un’arancia biologica
Un pizzico di sale
Per spolverare: zucchero a velo oppure cacao e cannella
PREPARAZIONE
1 - Qualche ora prima della preparazione, togliere dal frigo il burro e le uova e portare a temperatura ambiente.
2 - Spezzettare il cioccolato, ridurre il burro già morbido a tocchetti e sciogliere insieme in una casseruola a bagnomaria. Poi lasciare intiepidire.
3 - Eliminare la scorza dall’arancia, senza la parte bianca. Tritare insieme allo zucchero nel Bimby per 20 secondi a velocità 10.
In alternativa, utilizzare zucchero a velo e grattugiare la scorza con apposita grattugia.
4 - Setacciare la farina con il lievito.
5 - Separare i tuorli dagli albumi. Aggiungere un pizzico di sale agli albumi e mettere da parte.
6 - Versare lo zucchero all’arancia nei tuorli (o lo zucchero a velo e la buccia grattugiata). Montare con la frusta elettrica finché il composto diventa bianco e spumoso (almeno 10 min.)
7 - Versare sul composto, in due o tre riprese, la farina e continuare a mescolare con un cucchiaio.
8 - Aggiungere la crema di burro e cioccolato, amalgamare continuando con il cucchiaio.
9 - Con la frusta pulita, montare gli albumi a neve ben ferma.
10 - Aggiungere i bianchi al composto, e lentamente far amalgamare tutto, impastando dal basso verso l’alto, lentamente, per fare incorporare gli albumi in modo omogeneo. Lavorare finché non ci saranno più grumi, ma sempre lentamente.
11 - Foderare una teglia del diametro di 22 cm e versare l’impasto.
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12 - Cuocere in forno ventilato a 175° per 30 min.
13 - Lasciar raffreddare e sformare. Spolverizzare con zucchero a velo o cacao e cannella.
Pennette semintegrali con alici e carciofi
Ora può capitare, e capita sempre più spesso, che alcune famiglie siano divise dalla scelta della pasta da consumare. Chi si è convertito all’integrale (in genere è la donna ad essere più sensibile al richiamo della genuinità), chi invece considera roba da dieta dimagrante la pasta scura (il resto della famiglia!).
Per stimolare i più scettici, al consumo della pasta prodotta con farina integra, si può ricorrere alla via di mezzo, la linea semintegrale dell’azienda Antichi Granai.
Ha colore e sapore meno “aggressivi” per chi non è abituato al vero gusto del chicco di grano.
La semola di grano antico siciliano perciasacchi, viene molita a pietra senza asportazione del germe, conservando così tutte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del grano. Proteine, vitamine (B1,B2,PP,B6), magnesio, calcio, ferro, sali minerali ed altri oligoelementi naturalmente presenti nel germe sono assimilati dall’organismo quando scegliamo di consumare abitualmente i prodotti integrali o semintegrali.
L’idea errata, che si è diffusa negli ultimi decenni, sulla superiore bontà della pasta bianca, è solo uno dei tanti successi dell’industria alimentare che ha voluto l’appiattimento del gusto.
Un filo di buon olio extravergine d’oliva deve ad esaltare il gusto pieno e variegato della pasta Antichi Granai.
Ma cimentarsi in ricette stagionali sempre diverse appaga sicuramente di più, ed accelera il processo di accettazione e gradimento in tutta la famiglia!
INGREDIENTI
400 gr penne di perciasacchi semintegrali Antichi Granai
100 gr farina integrale perciasacchi Antichi Granai
200 gr alici freschissime già pulite
30 gr uva passa siciliana
6 carciofi
1 limone
Mezzo bicchiere di vino bianco
Sale integrale siciliano
Olio evo
PREPARAZIONE
- Sciacquare l’uvetta in un colino e poi ammollare in acqua tiepida per circa 20-30 min., dopodichè strizzare ed asciugare.
- Lavare per bene le alici con acqua e sale, far asciugare tutta l’acqua tamponandole con carta assorbente.
- Mondare i carciofi ricavando la parte più tenera, i cuori. Tagliarli a spicchi e lasciare in acqua fredda e succo di limone per circa 15 minuti.
- Scolare, asciugare per bene sotto l’acqua corrente.
- Scaldare l’olio in una padella antiaderente, appena è ben caldo versare i carciofi e l’uvetta, rosolare circa 5 min, aumentare la fiamma e sfumare con il vino bianco, rimoderare la fiamma e completare la cottura. Spegnere e lasciare nella stessa padella.
- Nel frattempo, passare le alici ben asciutte nella farina di perciasacchi, scuoterle in uno scolapasta per eliminare la farina in eccesso e friggerle in olio bollente. Appena cotte, con una paletta forata, raccogliere e passarle nella padella con i carciofi. Con una paletta di legno mescolare per amalgamare il condimento.
- Bollire l’acqua a cuocere la pasta al dente, riavviare la fiamma della padella e man mano versarvi la pasta. Continuare gli ultimi minuti di cottura delle penne in padella, aggiungendo qualche cucchiaio d’acqua di cottura.
- Completare il piatto a piacimento con prezzemolo tritato o finocchietto.
Fusilli di tumminia Antichi Granai, con cavolo viola e briciole di pecorino.
Ci sono diversi modi di interpretare la cucina, intendendo con il verbo cucinare il rapporto che si instaura tra una data persona e l’universo cibo, dal seme primordiale all’ultimo ritrovato della tecnologia per la cottura o trasformazione o conservazione di un alimento.
Ma l’aspetto psicologico è quello più incidente nella relazione cibo- uomo, dove l’appagamento deve invadere tutti i campi sensoriali (nei paesi Sovra-sviluppati chiaramente).
Se hai fame, ed hai in dispensa un prodotto di alta qualità come la pasta da grani antichi siciliani Antichi Granai, basta una cottura al dente ed un filo d’olio extravergine d’oliva per un pasto appagante.
Se, oltre all’appetito, c’è voglia di mettersi alla prova, con i sapori, gli accostamenti, i colori, allora tutto diventa un gioco. Oppure una sfida, a fare sempre meglio, ad esprimere attraverso i cibi la propria creatività.
I fusilli già esprimono allegria per la loro forma. Una spirale che diventa perfetta per intrappolare la tonalità di gusto scelta.
Il cavolo, in genere, è sempre una scelta opportuna viste le sue proprietà nutrizionali, farlo apprezzare proprio a tutti è la parte un pò più delicata. Ma in un gioco di equilibrati contrasti e gioiosi colori, sono quasi certa di poter conquistare quantomeno la curiosità di molti.
La tumminia è un grano dal sapore deciso, che si contraddistingue rispetto alle altre varietà. Per questo non va bene con tutto.
Per questo dovete assolutamente provare questa ricetta.
INGREDIENTI
400 gr fusilli di tumminia Antichi Granai
1/2 cavolo viola
40 gr noci
150 gr pecorino stagionato grattugiato
1 bustina zafferano in povere
25 ml latte
1 spicchio di aglio
1/2 bicchiere di vino bianco
aghi di rosmarino
olio evo
sale marino di Trapani
PREPARAZIONE
- Mondare e lavare il cavolo verza, tagliarlo a listarelle.
- Sistemarlo in un tegame capiente con i bordi bassi, aggiungere un bicchiere d’acqua, coprire con il coperchio e far cuocere a fuoco basso.
- Scolare raccogliendo in un recipiente il liquido di cottura, lasciare nel colapasta ad asciugare.
- Nello stesso tegame, versare l’olio d’oliva a ricoprire tutto il fondo, aggiungere uno spicchio d’aglio e far rosolare. Aggiungere il cavolo e soffriggere per fare insaporire, sfumando con il vino bianco.
- Quando sarà ben rosolato, trasferire tutto in un recipiente dai bordi alti, versare un pò del liquido di cottura precedentemente messo da parte, un pizzico di sale e frullare. Aggiungere alla purea di cavolo le noci e qualche ago di rosmarino, aggiustando ancora di sale se necessario, e frullare ancora tutto finché si ottiene una crema.
- Durante la cottura della pasta, preparare il formaggio aromatizzato.
- In un padellino antiaderente, versare il pecorino e lo zafferano, quando è molto caldo aggiungere il latte e far sciogliere tenendolo ancora sul fuoco a fiamma media per qualche qualche minuto. Quando si sarà rappreso, far raffreddare e sbriciolare con le dita.
- Scolare la pasta al dente, mantecare qualche minuto con la crema di cavolo viola, impiattare ed insaporire con le briciole di pecorino.
Sfince di San Giuseppe
Sono giorni, questi, in cui le strade attigue alle pasticcerie siciliane, da oriente ad occidente, profumano di dolci fritture.
E mentre qui, in estremo oriente, le zeppole di riso trionfano in vassoi pesanti di miele, lì verso occidente San Giuseppe si onora con altra specialità.
La ricetta delle sfince nasce, secondo tradizione e consuetudine, ad opera di religiose.
Le suore del Monastero delle Stimmate di San Francesco a Palermo, preparavano le loro crespelle per poi ricoprirle con miele ed onorare così San Giuseppe.
Friabile bignè fritto, senza aggiunta di lievito di alcun tipo.
La versione originale prevede lo strutto sia nell’impasto che per la frittura, qui invece ho sostituito il burro, quello artigianale del caseificio La Cava.
Un risultato straordinario, per friabilità e gusto, mi è stato reso dalla qualità della farina di maiorca Antichi Granai, raffinata nella giusta percentuale per ottenere lievitazioni e fragranze di alta pasticceria.
INGREDIENTI
Per circa 20 sfince
- 250 gr farina di maiorca Antichi Granai
- 120 gr burro La Cava
- 300 gr acqua
- 4 uova fresche
- 1 pizzico di sale marino siciliano
- Olio di semi di arachide per friggere
Farcitura
- 200 gr ricotta senza sale
- 80 gr zucchero
- 80 gr cioccolato fondente ridotto in scaglie
- Granella di pistacchio
- Ciliegine candite
PREPARAZIONE
Farcitura
La ricotta deve essere stata preparata almeno un giorno prima dell’utilizzo e fatta scolare dal siero.
Setacciare la ricotta e mescolare con lo zucchero. Lasciare riposare due ore circa fuori dal frigo.
Sfince
Versare in un tegame acqua, burro e sale e portare a bollore.
Togliere la pentola dal fuoco e versare tutta in una volta la farina setacciata, mescolare energicamente e rimettere sul fuoco per qualche minuto ancora.
Versare in una ciotola e lasciare intiepidire.
Dopo circa 3 quarti d’ora, unire le uova all’impasto ed amalgamare per bene.
Scaldare l’olio e versare a cucchiaiate l’impasto, facendo per bene dorare le sfince.
Scolare su carta assorbente.
Tagliare ogni sfincia a metà e farcire con la ricotta. Decorare la parte superiore con altra ricotta, scaglie di cioccolato, granella di pistacchio e ciliegine.
FIL DI GRANO, a Palermo la prima fiera del grano duro siciliano
Il grano duro è patrimonio dell’umanità, ed i suoi derivati, pane e pasta in primis, gli alimenti basilari della dieta mediterranea.
Ad esso dunque, al grano duro prodotto in Sicilia, finalmente si dedica una fiera regionale.
FIL DI GRANO è la prima fiera del grano duro siciliano, si terrà a Palermo presso il San Lorenzo Mercato dal 14 al 16 dicembre.
Il progetto FIL DI GRANO è stato finanziato nell’ambito del Piano Promozionale 2018 dal Dipartimento Regionale Attività Produttive della Regione Siciliana, e rappresenta un importante contributo per favorire il consolidamento dell’intera filiera produttiva e sostenere la consapevolezza presso i consumatori del ruolo culturale, storico, ambientale, economico e salutistico del grano duro.
Il grano è adesso oggetto di molteplici processi di valorizzazione. Dagli aspetti salutistici ad emblema della cultura agricola isolana, ma proprio per tale ragione, l’eccesso di comunicazione non accreditata rischia di banalizzare l’importanza ed il ruolo che i prodotti da esso derivati hanno nell’alimentazione, soprattutto in riferimento alla tutela della salute, dunque alla prevenzione primaria.
Da alcuni anni le imprese e le istituzioni siciliane stanno lavorando per implementare una filiera organizzata del grano duro siciliano, per garantire il consumatore che è disposto a premiare sullo scaffale il prodotto made in Sicily.
In questo contesto si muove Fil di Grano, per cui sono state selezionate dieci aziende.
I produttori racconteranno le storie e le esperienze legate al proprio percorso, ognuno rappresentando i valori, i prodotti e caratteristiche del territorio in cui vivono ed operano.
L’evento si aprirà il 14 dicembre con un Educational dal titolo “Grano duro siciliano: cultura, salute, economia” organizzato dal Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore, ente pubblico di ricerca e partner scientifico del progetto e coinvolgerà ricercatori e esperti del settore.
Seguiranno due giorni di degustazioni, esposizioni e laboratori sul grano duro, sulle sue varietà e sui prodotti della filiera cerealicola siciliana, promossi e gestiti da Coffice srl, società di sviluppo e marketing, ideatrice dell’evento.
Il luogo in cui si svolgerà l’evento, è, simbolicamente, SanLorenzo Mercato a Palermo, punto di riferimento per i consumatori attenti all’agroalimentare di qualità.
Briosh siciliana col tuppo
L’estate comincia così: broscia e granita.
E poi in realtà non finisce mai, perché, almeno nelle metropoli siciliane, i turisti chiedono sempre, tutto l’anno, di gustare le nostre specialità.
Anche i francesi, quelli a cui l’abbiamo “presa in prestito”.
A voler indagare l’origine della brioscia, nulla riesco a trovare di interessante se non supposizioni che poco mi convincono.
Per cui, nell’attesa di essere illuminata da chi di competenza, anche io ri-costruisco la mia storia.
Una storia di contaminazioni, adattamenti (linguistici) e prestiti.
Il primo riguarda l’impasto morbido e dolce, la brioche appunto (che a sua volta deriva dal normanno brier <impastare>).
La brioche in Francia è un piccolo dolce, a base di farina, burro, latte e lievito di birra; cotto in forno.
Pare quindi che nascano come mezze sfere, sormontate da mezze sfere più piccole.
Poi diventano più grandi e strutturate e voluttuose, sicuramente in epoca moderna tramite l’impiego di “farine di forza”.
Ma allora, come arriva in Sicilia e diventa sta brioscia co tuppu?.
Leggendo vari articoli sul web, si evince quanto non vi sia nulla di fondato ma tutto supposto.
L’unica ricostruzione storica è quella che attribuisce il battesimo a Francesco Procopio de Coltelli,
siciliano che esportò il sorbetto ed i gelati a Parigi dove fondò il più antico caffè, Le Procope, nel 1686.
E’ probabile che il maestro gelataio lì abbinò l’autoctona brioche ai suoi gelati e sorbetti, ma non trovo testimoniante che riportino un suo rientro in Sicilia.
A me pare abbastanza inverosimile.
Credo invece più probabile che il dolce sia arrivato a noi tramite i Monsù (meridionalizzazione del francese Monsieur)
Il mio ragionamento segue un ordine diacronico, l’arrivo dei Monsù, ed uno a questo sincronico, la diffusione del termine tupé.
I cuochi francesi giunsero nel regno delle due Sicilie dopo il matrimonio tra Maria Teresa d’Asburgo e Ferdinando primo di Borbone, nel 1768.
La regina volle introdurre la raffinatezza delle cucina francese nel suo nuovo regno.
I Monsieur arricchiscono notevolmente la nostra già variegata offerta culinaria, e certamente ci insegnarono la loro tradizionale brioche.
Alla fine del 1700, entra in uso anche in Italia un termine della moda francesce, toupet, che significa “ciuffo”,“cima” letteralmente,
e che poi viene utilizzato per indicare un’acconciatura.
Mentre in italiano si diffonde il termine che mantiene la fonetica francese, in siciliano diventa u tuppu.
Acconciatura diventata quasi d’obbligo tra le femmine siciliane.
Sembra più scorrevole e realistica così la storia della broscia siciliana che ha “preso in prestito” tutto dalla Francia.
Adesso è patrimonio della nostra cultura gastronomica.
E a loro, la Gioconda.
RICETTA
Ingredienti
500 gr farina di maiorca Antichi Granai
100 gr zucchero
100 gr burro
250 gr latte fresco intero
10 gr miele d’arancio
20 gr liquore alla cannella Giardini d’Amore
2 uova
3 gr lievito di birra bio
Mezza bacca di vaniglia
Scorza di un limone bio
Sale
Preparazione
Setacciare la farina e versarla nella ciotola dell’impastatrice insieme allo zucchero.
Scaldare pochissimo il latte (non oltre i 25°), sciogliervi il lievito ed il miele, ed aromatizzare con la scorza del limone finemente grattugiata e la polpa estratta dalla bacca di vaniglia.
Azionare l’impastatrice ad una velocità moderata e versarvi il latte a filo ed il liquore alla cannella.
Aggiungere un uovo intero ed un tuorlo, tenero da parte l’albume rimasto, in un bicchiere coperto da pellicola e riposto in frigo.
Quando le uova si saranno amalgamate, aggiungere il burro a pezzetti, lasciato circa 10/15 min a temperatura ambiente. Infine aggiungere mezzo cucchiaino di sale.
Appena il composto è omogeneo, versare in una ciotola capiente e sigillare bene con pellicola.
Lasciare lievitare circa 12 ore. (Conviene impastare il tardo pomeriggio per infornare al mattino).
Trascorso questo tempo, riprendere l’impasto a mano e poi formare le broscie. Ricavare dei panetti rotondi e piccole palline per ogni panetto. Sistemandoli su fogli di carta forno ma ben distanziati tra loro, una volta lievitati non devono più essere manipolati.
Ricoprire con pellicola e lasciar raddoppiare il volume (2 ore circa).
Sistemare le palline più piccole sui panetti, spennellare delicatamente con l’albume leggermente sbattuto ed allungato con mezzo cucchiaio di latte.
Infornare a 180° per circa 15 min, a forno ventilato.