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Lele Scandurra: l'Etna, la pizza e i grani antichi.
E’ energico e dinamico tanto quanto l’attività del vulcano che ci domina, non a caso si autoproclama “Il pizzaiolo dell’Etna”.
Lele Scandurra è un giovane talento dell’arte della lievitazione. Intraprendente, sempre in fermento, elabora mille idee e riesce a concretizzarne mille e una.
Ora ha portato in auge ‘Botanike’, la pizzeria del rinomato Ikebana di proprietà della famiglia Merola, il locale più green di Catania immerso in un variegato parco che ospita palme ed ulivi, e si prolunga in un ricchissimo orto. Da qui, la brigata e lo stesso Lele, raccolgono verdure ed ortaggi che diventano ingredienti preziosi per le sue pizze.
Con Giovanni Merola, titolare Botanike, e Lele Scandurra
La materia prima e lo studio attento e scrupoloso di ogni impasto sono quasi un’ossessione per Lele, tra i primi pizzaioli a guardare alla qualità delle farine che seleziona tra le migliori italiane e siciliane. E per ognuna delle sue miscele tra più farine, sempre nuove, studia tecniche di impasto, modalità e tempi di lievitazione.
Il metro dei suoi sforzi è dato dall’enorme successo che ogni sera il suo prodotto riscuote. Quasi sempre sold out per quella pizza sottile, dal cornicione alto e soffice, che si scioglie in bocca e digeribilissima.
Nasce adesso la nostra collaborazione, perché Lele sente la necessità di rendere omaggio alle farine da grani antichi siciliani, che già conosce ed impiega ma sulle quali vuole perfezionarsi al meglio per proporre nel nuovo menù una base 100% grani antichi, dove il gusto del prodotto finito sia quasi tutto concentrato nella base. Ed io sono onorata e felice di poter lavorare insieme a lui!
Studia Lele, studia tanto, continuamente, perché ha sempre l’obiettivo di superare sé stesso e quando lo fa, ricomincia. Questa è la nota storia di chi non ha avuto nulla di già servito dalla vita, di chi ha costruito la propria identità con grande sforzo e sacrificio, ogni singolo giorno, imparando dai migliori, puntando al meglio ma rimanendo umile.
E non vede il successo di cui già oggi gode, è troppo impegnato a migliorarsi, a guardare avanti, come ogni fuoriclasse.
Pane integrale con lievito madre
La ricetta del pane fatto in casa è quella più richiesta in questo periodo, e quella con lievito madre è il massimo per chi vuole realizzare un ottimo prodotto. Ma non tutti dispongono del lievito madre e per questo c’è bisogno dell’alternativa ovvero il lievito di birra.
Per fare il pane però servono anzitutto farine di altissima qualità, come queste che utilizzo qui: perciasacchi e russello integre Antichi Granai.
E sicuramente l’unione fa la forza…ed il gusto! Per questo preferisco miscelare più varietà di grani antichi siciliani ed ottenere sfumature di gusto intense e sempre particolari.
La ricetta del pane con lievito madre che vi propongo qui, ha un procedimento medio lungo e prevede più lavorazioni dell’impasto, però il risultato è garantito, e per adesso che di tempo a disposizione ce n’è tanto è meglio approfittarne per imparare l’arte! E per capire meglio tutti i passaggi ti consiglio di guardare il video tutorial che ho realizzato su youtube https://urly.it/354j3
Dai un’occhiata anche alla ricetta di pane solo perciasacchi https://urly.it/354hw
INGREDIENTI
600 gr farina russello Antichi Granai
400 gr farina perciasacchi Antichi Granai
750 gr acqua
100 gr lievito madre (o 10 gr lievito di birra)
20 gr sale
PREPARAZIONE
Il procedimento di preparazione e lievitazione ha durata di circa 8 ore, che potrebbero protrarsi in giornate molto fredde o al contrario accorciarsi di un’ora circa d’estate.
- Per prima cosa, spezzettare il lievito e scioglierlo in tutta l’acqua con le mani.
- In un’altra ciotola miscelare per bene le farine, poi piano piano versarle nella ciotola con l’acqua e nel frattempo iniziare a lavorare con le mani, per far prendere tutta l’acqua alla farina.
(in planetaria versare l’acqua con il lievito sulla farina ed impastare per circa 5-8 minuti)
- Aggiungere il sale in due riprese ed impastare con i pugni, per almeno 20 minuti.
- Quando l’impasto è abbastanza elastico ed omogeneo, stendere su una spianatoia e fare le pieghe a tre per due volte.
- Chiudere tutte le pieghe e creare un panetto, riporre in una ciotola con il fondo già infarinato, coprire con un canovaccio umido e far lievitare in forno spento per tre ore.
- Riprendere l’impasto e fare di nuovo due giri di pieghe a tre, procedere come prima in ogni passaggio e far lievitare ancora 3 ore.
- Togliere l’impasto lievitato dal forno e capovolgere sulla spianatoia infarinata
- Dividere l’impasto in 4 parti se si preferisce un pane più basso, altrimenti in due.
- Procedere alla formatura dei filoni e riporli su carta forno infarinata
- Coprire con canovacci puliti e lasciare lievitare ancora due ore
- Preparare il forno alla massima temperatura, incidere i filoni con dei tagli ed infornare per un’ora.
Arancini al pistacchio
Quale migliore occasione per imparare a fare a casa gli arancini, se non questa lunga permanenza in casa? E con tutto lo sconforto che ci è letteralmente piombato addosso, ci manca solo di privarci delle cose buone, del cibo che ci piace tanto e ci mette di buon umore.
Ma noi siamo più forti, più tenaci e resistenti di ogni pandemia, perché siamo siciliani, italiani, e abbiamo fame! Sempre! Di sicuro non ci viene meno l’appetito, neanche nelle peggiori situazioni.
E’ sicuramente il caso di sdrammatizzare, perché il periodo di isolamento è davvero lungo, per questo voglio proporvi una ricetta semplice per chi si approccia per le prime volte alla preparazione dell’arancino di riso. Il classico al ragù di carne è un po' più laborioso, quello al pistacchio è invece molto semplice ed alla portata di tutti.
L’ho preparato con gli ingredienti che ho in casa, ma più in là vi darò anche la ricetta che preparo solitamente. Basta seguire il mio video (https://bit.ly/2x4W7Ea) per capire quanto è semplice, ed una volta che avrete preso dimestichezza, sono certa che friggerete arancini in gran quantità!
Al lavoro!
INGREDIENTI
250 gr riso originario
250 gr riso arborio
250 gr pesto di pistacchio
besciamella
(preparata con 5o gr farina di maiorca Antichi Granai, 250 gr latte, un pizzico di sale, noce moscata, un cucchiaino di burro)
150 gr formaggio stagionato grattugiato
200 gr formaggio semistagionato
Pangrattato
Zafferano
Sale
Olio di semi di arachide per friggere
N.B. Per un arancino più ricco di gusto, preparare un soffritto di cipolla tagliata sottilissima, e prosciutto cotto, far sciogliere il prosciutto ed unire al composto di besciamella e pistacchio.
Per la pastella: 100 gr farina di maiorca. 200 gr acqua.
PREPARAZIONE
Per la besciamella:
In un pentolino antiaderente mettere la farina di maiorca Antichi Granai, a filo versare il latte e mescolare cercando di non far creare grumi. Accendere la fiamma e far scaldare, aggiungere il burro, il sale, la noce moscata e mescolare costantemente finchè non raggiungerà il bollore e risulterà denso. Spegnere, e se necessario perché si sono formati grumi durante la cottura, passare al mixer.
Per la pastella:
Versare in un recipiente dai bordi alti la farina e l’acqua, con la frusta, o il frullatore ad immersione, mescolare bene per ottenere una pastella liscia ed elastica.
Arancini
- Far bollire il riso per circa 20 minuti in abbondante acqua salta, aromatizzata con zafferano. Scolare, e lasciare completamente raffreddare.
- Tagliare a dadini il formaggio e sistemare in una ciotola.
- Nel tegame della besciamella, versare il pesto di pistacchio (ed il soffritto di cipolla e prosciutto se si desidera), e amalgamare bene.
- Trasferire il riso dal colapasta ad una ciotola capiente, aggiungere il condimento ed il formaggio grattugiato, mescolare per bene tutto.
- Preparare una ciotola con dell’acqua, ed immergervi le mani. Formare gli arancini: spalmare una parte di riso sul palmo di una mano, al centro collocare uno o due cubetti di formaggio, e richiudere con entrambe le mani facendo in modo di sigillare bene.
- Procedere con tutto il riso ed il formaggio a disposizione, creando arancini dalla forma arrotondata.
- Passare ogni sfera di riso prima nella pastella, togliendo quella in eccesso, e poi nel pangrattato.
- Friggere in olio bollente per circa 10 min.
Chiacchiere alla siciliana
Carnevale è la festa del piacere,
del libero arbitrio, ma soprattutto dalla liberazione dei sensi di colpa.
Ed è per questo che da nord a sud, storicamente, in febbraio friggiamo dolci e li condividiamo allegria.
Chiacchiere - la parola inflazionata del mese.
E’il raviolo fritto che più ha avuto successo e distribuzione in tutta Italia.
Si affianca ad ogni ricetta regionale, quasi come il panettone.
Anzi, probabilmente ha eclissato altre preparazioni tradizionali come i cutumè di cui vi ho scritto la ricetta recentemente https://bit.ly/2SzNeee.
Cutumè
Io, Federica Genovese, devo sicilianizzare ogni ricetta passi per le mie mani. Per cui le mie (che spero diventeranno anche vostre) chiacchiere, hanno tutti gli ingredienti di origine della mia terra.
Ma la chicca è il marsala, il vino liquoroso. Assieme alla scorza grattugiata di arance bio e la farina da grani antichi siciliani.
La differenza tra la ricetta delle chiacchiere, ed altri dolci fritti di carnevale, sta nella consistenza. Le prime sono croccanti, friabili, sottili.
Tutte le altre ricette invece presentano frittelle morbide,
poi cosparse di zucchero semolato oppure di miele, come questi bocconcini semplici ma sfiziosissimi (qui la ricetta https://bit.ly/2SAtVRO).
Ma pure quelle ancor più golose farcite di crema o ricotta, come le succulente bignole (ricetta qui https://bit.ly/38Ebpxw ).
E’ un panorama abbastanza ampio, e ci si può sbizzarrire per accontentare i gusti di tutti.
Ma oggi, chiacchiere!
INGREDIENTI
- 1 kg farina di Farro monococco o Maiorca Antichi Granai
- 70 gr zucchero
- 150 ml marsala
- 100 gr burro
- 4 cucchiai olio evo
- 3 uova
- Buccia grattugiata di un’arancia bio
- Zucchero a velo per spolverare
- Olio per friggere
PREPARAZIONE
Nella planetaria versare la farina, lo zucchero ed il burro (questo deve essere morbido, quindi toglierlo dal frigo almeno un’ora prima), ed avviare la macchina.
Aggiungere la scorza grattugiata dell’arancia, poi in sequenza le uova, il marsala e l’olio extravergine d’oliva.
Se serve, ovvero se l’impasto è troppo duro, aggiungere un altro uovo.
Quando l’impasto è omogeneo ed elastico, togliere dalla ciotola della planetaria e riporre su una spianatoia leggermente infarinata.
L’ideale è spianare la pasta con l’apposita macchina, la “nonna papera”, perché la foglia deve essere sottilissima, quindi posizionate la macchina al livello minimo e passate l’impasto tra i rulli.
In alternativa…lavorare molto bene con il mattarello!
Quindi, con una rotella tagliapasta, ricavare dei rettangoli su cui fare degli intagli.
In un tegame ampio friggere l’olio, appena è bollente immergervi poco alla volta i rettangoli e muoverli con un forchettone o una paletta, rigirandoli.
La cottura deve essere breve altrimenti si bruceranno, per cui, appena dorate, colarle dall’olio in eccesso e riporle su carta assorbente.
Spolverare con zucchero a velo e servire.
Le Radici - apre a Siracusa il ristorante di Maurizio Urso
“Le Radici rappresentano le nostre origini, la nostra storia, il principio di ogni cosa che ci ha fatto diventare ciò che siamo oggi.
Nella nostra cucina non ci sono regole, non ci sono limiti, convivono le tradizioni del territorio e le tecniche più innovative”
A Siracusa inaugura Le Radici, ristorante presso l’hotel Relax.
Alla guida i titolari Sebastiano e Maurizio Urso, quest’ultimo anche executive chef, attualmente vicepresidente della prestigiosa Euro-Toques Italia e Presidente dell’Accademia Nazionale Italcuochi.
Maurizio e Sebastiano Urso
Il profumo di casa, di famiglia, di ciò che fa bene al cuore e all’anima attraverso i ricordi.
Sapori, rumori, sensazioni provate da bambini e che dalla memoria rivivono oggi sul piatto. Un ritorno alle origini attraverso un viaggio di sapori innovativi e gourmet.
E’ nato da qui il progetto Le Radici.
AGNELLO ARROSTITO IN PADELLA E PAPATE AL ROSMARINO
Un ambiente accogliente, elegante ma libero da formalità, in grado di far sentire i commensali come a casa. Il ristorante ospita al suo interno 40 coperti, per gli eventi fino a 220. Mentre la terrazza, ideale per la bella stagione, accoglie altri 40 coperti e circa 250 coperti per gli eventi attorno alla piscina.
Le Radici è un luogo che dalla terra accompagna gli ospiti in un percorso di riscoperta della materia prima, tra passato e presente, rendendoli protagonisti di un momento magico, di un’esperienza unica.
CREMOSO ALCAFFE E ANICE STELLATO SU SALSA DI LIQUIRIZIA E TERRA DI FRUTTA SECCA
Maurizio Urso trascorre molti anni all’estero. Rientrato a casa, si scommette nel proporre qualcosa di nuovo pur partendo dalla propria terra ma includendo l’esperienza data dagli incontri e dalla frequentazione con grandi maestri come Gualtiero Marchesi, Sergio Mei, Giorgio Nardelli e Gianfranco Vissani, con il quale dal 2006 avvia una assidua collaborazione che continua ancora oggi.
Maurizio Urso utilizza ingredienti semplici attorno ai quali germoglia ogni suo piatto. La cucina dello chef è legata al territorio, ma anche ai ricordi personali. Impegnato in una incessante ricerca di nuovi accostamenti e sensazioni. Una devozione per il suo territorio che si riflette in ogni suo piatto,
Lo Chef Urso, nel proprio ristorante, propone piatti di pesce fresco di giornata ma anche di terra e vegetariani, utilizzando solo prodotti locali dei quali conosce la provenienza, la storia e il valore sociale e culturale. Carni, ortaggi, frutta, salumi e formaggi provenienti da piccole e pregiate produzioni artigianali.
Cutumè
La cucina siciliana è una continua risorsa di preziose sorprese dolci e salate, che ci vengono consegnate da un passato recente e da quello più remoto.
I dolci fritti e la ricotta.
Adesso che il tema è il carnevale, sfoglio i miei amati ricettari mentre già sento profumo di frittura dolce.
Mi fermo sulla pagina che riporta un nome curioso: Cutumè.
Una frittella a base di ricotta di pecora, appartenente alla tradizione gastronomica siciliana, nell’area geografica compresa tra Catania e Ragusa.
Ci sono nomi associati a cibi che alle volte mi passano accanto e poi e sfuggono, viaggiando parallelamente ai miei pensieri.
Però poi arriva il momento in cui si ripresentano davanti, quasi imponendosi. Quindi sento il desidero ma anche il dovere di comprendere, di provare quella ricetta e farla mia.
Così mi è capitato coi cutumè, sentiti pronunciare qualche volta distrattamente e mai, non so perché, attenzionati. Però associavo questo nome a delle paste secche, dei biscotti.
E invece eccoli nella sezione “dolci fritti” di uno dei miei libri di cucina.
Non ho trovato, ad oggi, fonti storiche o vicende legate alla nascita ed alle specifiche occasioni di consumo di questa deliziosa frittella.
E come di consueto ci sono diverse varianti: chi la vuole cosparsa di zucchero semolato chi invece di miele (miele di timo nel ragusano).
Cambiano anche notevolmente le dosi della farina in proporzione alla ricotta. Denominatore comune è che quest’ultima sia sempre di peso nettamente maggiore.
Anche sulla tipologia di farina utilizzata, solo in un caso si specifica debba essere di maiorca, per il resto non è esplicito, dunque forse non condizionante, se di grano duro o tenero.
Sta di fatto che non c’è lievito. Dunque la frittella dovrebbe rimanere bassa.
Nella mia ricetta, il volume invece si è triplicato in cottura, rendendola più somigliante ad una sfincia.
Certo, così è molto goduriosa.
Ho utilizzato la farina di farro monococco Antichi Granai (che trovi qui https://bit.ly/2UEnQFs), credo che parte del merito sia dovuto a questa scelta.
Siete curiosi quanto me di provare la ricetta?
Mettiamoci al lavoro!
INGREDIENTI
400 gr ricotta di pecora asciutta
250 gr farina di farro monococco Antichi Granai
50 gr zucchero
4 uova
1 cucchiaino di annella
1 pizzico di sale
Mezzo bicchierino di gin
Miele
Olio per friggere
PREPARAZIONE
1 – La ricotta deve essere stata preparata almeno due giorni prima, se non risulta perfettamente asciutta il risultato sarà compromesso.
2 – miscelare prima con un cucchiaio farina, uova, sale, zucchero e cannella. Aggiungere il gin e infine le uova. Sbattere per bene con la frusta elettrica.
3 – Coprire l’impasto e lasciare riposare almeno tre ore
4 – In una pentola ampia e dai bordi alti, versare l’olio e far raggiunge la temperatura utile alla frittura.
5 – Prelevare con due cucchiai l’impasto e, tentando di dare forma arrotondata, tuffare nell’olio bollente fino a doratura.
6 - dopo averle fatte scolare su carta assorbente, riporre su un piatto da portata e cospargere con miele caldo.
Pasta gratinata con cavolfiore violetto
Il cavolfiore violetto è un altro regalo dell’Etna ai sui coraggiosi abitanti.
E come tutto ciò che cresce sul terreno vulcanico, ha proprietà uniche ed un sapore straordinario.
Il suo colore viola intenso, deriva dalla presenza degli antociani, le preziosissime sostanze presenti nel terreno vulcanico, che possono ridurre i danni provocati dall’azione dei radicali liberi e contrastare l’insorgere di alcune tipologie di cancro.
Nonostante il suo odore molto forte in cottura, il cavolfiore violetto ha un sapore delicato.
La causa del caratteristico odore sprigionato durante la cottura, è la presenza dello zolfo. Ma è possibile attenuarlo spremendo nell’acqua della bollitura alcune gocce di limone, o aggiungendo una goccia d’aceto.
Le ricette a base di cavolfiore violetto nella tradizione siciliana, sono moltissime.
Dalla più semplice, che lo vuole lessato e condito con olio e limone, al famoso cavolfiore affogato, ricchissimo di gusto.
Antipasti, secondi, contorni, e, come nel caso di questa ricetta di pasta, primi piatti.
Tante sono le varianti di pasta con il cavolfiore violetto. In questa occasione, ho scelto di proporvi quella che generalmente preparo in qualche domenica d’inverno.
E’ la pasta della domenica innanzi tutto perché ci vuole un po' di tempo da dedicare alla preparazione, e poi perché la cottura va completata in forno.
E per me, la pasta al forno, è la pasta della domenica!
Ed è speciale per altri due motivi importanti. Il primo, è la presenza della “muddica atturrata” (pangrattatto abbrustolito).
Il secondo è l’unione felice con i prodotti da grani antichi siciliani.
Le penne di perciasacchi semintegrale Antichi Granai (acquistabili al link https://bit.ly/3aTqop0), rustiche e ruvide perchè realizzate artigianalmente, assorbono tutto il gusto del condimento e lo arricchiscono dei sentori del grano perciasacchi.
Ideali da condire e poi far cuocere in forno, dove mantengono perfettamente la loro consistenza.
Ecco la ricetta!
INGREDIENTI
500 gr penne di perciasacchi semintegrale Antichi Granai
1 cavolfiore già pulito da circa 300 gr
150 gr pangrattato
100 gr pecorino stagionato grattugiato
4 filetti di acciughe sott’olio
40 gr uva passa
1 spicchio d’aglio
250 passata di pomodoro
Olio extravergine d’oliva
Sale
PREPARAZIONE
- Tagliare in quarti le cime di cavolfiore e sbollentare per circa 10 minuti in acqua salata.
Scolare con un mestolo forato, e lasciare a gocciolare in un colapasta.
Lasciare l’acqua di cottura del cavolfiore in pentola e coprire con il coperchio.
- Sciacquare l’uvetta e metterla in ammollo ad acqua tiepida.
- In un tegame ampio, soffriggere l’aglio insieme a tre filetti di acciuga, precedentemente sgocciolati.
- Versare poi la passata di pomodoro; mescolare bene per fare insaporire e far cuocere per circa 15 minuti con un coperchio. Non serve salare, il pomodoro assorbirà la salinità rilasciata dalle acciughe.
- Aggiungere il cavolfiore e l’uva passa scolata e strizzata. Cuocere per almeno venti minuti, mescolando ogni tanto.
- In un’altra padella, soffriggere un’acciuga facendola sciogliere completamente. Versarvi il pangrattato e mescolare finchè si impregnerà d’olio. Continuare a fuoco lento, mescolando di frequente, per mezz’ora circa. Dovrà essere completamente di colore bruno.
Fare riprendere bollore all’acqua di cottura del cavolfiore. Cuocervi le penne per 8 minuti. Scolare bene e versare nel tegame in cui si è cotto il cavolfiore con gli altri ingredienti. Aggiungere il pecorino e mescolare per far amalgamare bene i condimenti con le penne.
Oleare il fondo di una teglia, versare la pasta, coprire lo strato superficiale con il pangrattato e ultimare la cottura in forno a 180°.