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Pasta con le sarde e il finocchietto
La pasta con le sarde ed il finocchietto selvatico è un primo piatto ricchissimo di sapori robusti e profumi assolutamente siciliani.
Esiste una versione catanese, una palermitana e le mille sfaccettature isolane. Ma gli ingredienti imprescindibili sono le sarde ed il finocchietto, entrambi presenti in questa stagione.
L’amalgama di tutti gli ingredienti che caratterizzano questo piatto, rende un gusto che non ha paragoni. L’aroma sprigionato dal finocchietto e la polpa dal sapore molto intenso della sarda, che sa di mare selvaggio, restituiscono ai sensi una porzione di mediterraneo.
La ricetta della pasta con le sarde ed il finocchietto include sempre i pinoli e l’uvetta sultanina, che equilibrano in dolcezza. Il formato di pasta ideale è lo spaghetto grosso. Grazie alla ruvidità della farina integra di perciasacchi Antichi Granai, tutto l’aroma del condimento viene assorbito fino al cuore della pasta.
INGREDIENTI
500 gr spaghetti perciasacchi Antichi Granai
500 gr sarde freschissime
1 mazzo di finocchietto selvatico
2 cipollette fresche
30 gr pinoli
30 gr uvetta sultanina
1 cucchiaio concentrato di pomodoro
150 gr farina perciasacchi Antichi Granai
Olio evo
Sale
Pecorino grattugiato
PREPARAZIONE
- Lavare per bene il finocchietto, sbollentarlo in acqua salata, scolare, tritare e mettere da parte tenendo l’acqua di cottura.
- Pulire le sarde togliendo la testa, la lisca e la coda, sciacquare bene con acqua e sale ed asciugarle su carta assorbente.
- Sistemarle in un colapasta ed infarinarle. Sbattere lo scolapasta per eliminare la farina in eccesso.
- In una padella antiaderente far scaldare abbondante olio, quando è bollente friggere le sarde finchè saranno ben dorate. Dunque toglierle dalla padella con un mestolo forato e sistemare su carta assorbente.
- Sciogliere il concentrato di pomodoro con un bicchiere d’acqua tiepida.
- Sciacquare l’uvetta con abbondante acqua calda, poi tenere in ammollo con acqua tiepida per almeno 10 minuti.
- Ricoprire il fondo di un tegame con olio evo e soffriggere la cipolletta tritata, il finocchietto, i pinoli e l’uvetta ben strizzata. Aggiungere le sarde, amalgamare con il concentrato di pomodoro, mescolare bene e lasciare insaporire il tutto a fuoco basso per almeno 15 minuti, mescolando ogni tanto
- Nell’acqua di cottura del finocchietto cuocere gli spaghetti per 10 min., poi scolarli lasciando un po' d’acqua di cottura, versarli nel tegame con il condimento e mantecare amalgamando con qualche cucchiaio dell’acqua di cottura.
- Aggiungere la quantità di pecorino desiderata e servire.
Gnocchi con crema di fave e pomodorini
Succulenti, sostanziosi e perfetti con ogni sugo, gli gnocchi di patate sono tra i primi piatti più amati della tradizione gastronomica italiana.
La ricetta di questo primo piatto italiano, che però può benissimo diventare un piatto unico, non è uguale mai. E naturalmente qui la chicca è la farina integrale di perciasacchi Antichi Granai, dunque una vera specialità perché regala un gusto unico ed inimitabile.
Per ottenere gnocchi morbidissimi ed allo stesso tempo compatti, il segreto è utilizzare le patate a pasta gialla che assorbono molta acqua. Inoltre questa tipologia di patata è più dolce rispetto alle altre. Ed al contrario che per la ricetta tradizionale con semole raffinate, questo è il segreto per preparare gnocchi perfetti con la farina integrale di perciasacchi.
La ricetta degli gnocchi con la farina integrale di perciasacchi non prevede l’impiego dell’uovo, ed è così adatta anche per chi ne è intollerante.
Una volta preparati sono infiniti i modi in cui poterli condire, qui una ricetta con ortaggi di stagione.
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INGREDIENTI
Per gli gnocchi
400 gr patate a pasta gialla già cotte
200 gr farina integrale di perciasacchi
½ cucchiaino da thè di sale
Per il condimento
400 gr di fave fresche già sbucciate
Qualche ciuffo di finocchietto selvatico
300 gr pomodorini freschi pachino
1 cipolletta fresca
Olio evo
Sale
Ricotta salata
PREPARAZIONE
Gnocchi
- Bollire le patate, quando saranno molto morbide scolarle, togliere la buccia e pesare il quantitativo necessario.
- Passarle caldissime nello schiacciapatate facendole cadere in un recipiente. Aggiungere il sale e la farina, impastare.
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- Trasferire l’impasto su una spianatoia di legno e continuare a lavorare finchè non diventa liscio ed omogeneo.
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- Allungare l’impasto con entrambe le mani, poi ricavare dei filoncini e suddivideteli, con l’aiuto di un coltello o di un tagliapasta, in ulteriori cilindretti di circa un cm.
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- Facendo una leggera pressione con il palmo della mano, trascinateli sul riga gnocchi per ottenere la classica forma. (Oppure dare forma arrotondata coi palmi delle mani).
Condimento
- In un tegame, cuocere a fuoco lento con un po' d’acqua le fave ed il finocchietto, aggiustando di sale.
- Quando le fave saranno cotte e l’acqua si sarà ristretta, trasferire in un boccale d’acciaio e lasciare intiepidire. Aggiungere poi un due cucchiai d’olio evo e passare al mixer.
- Soffriggere in una ampia padella antiaderente l’olio e far dorare la cipolletta tagliata sottilissima. Nel frattempo lavare e mondare i pomodorini, tagliarli in quarti e soffriggerli in padella con la cipolla per circa 15 min., coprendo con il coperchio.
- Portare a bollore l’acqua in una pentola capiente, salare e tuffare gli gnocchi. Non appena questi ultimi verranno a galla, scolarli, tenendo da parte mezzo bicchiere di acqua di cottura.
- Versare sul fondo della stessa pentola la purea di fave, amalgamare con l’acqua di cottura e poi aggiungere gli gnocchi e condirli mescolando delicatamente. Trasferirli subito nella padella e far assorbire il sugo di pomodorini, mantecando per 2 min.
- A piacere condire con ricotta salata grattugiata.
Piadina all'olio d'oliva
La ricetta della piada romagnola parla siciliano con la farina da grano duro perciasacchi!
Già, perché siamo così ghiotti di impasti da fare nostre anche tutte le ricette oltre lo stretto che ci piacciono di più. La mia ricetta della piadina romagnola-siciliana è nella versione light, ovvero con l'olio evo al posto dello strutto. E inoltre la farina biologica di perciasacchi Antichi Granai è integrale, dunque leggera e ricca di fibre.
E' molto semplice con questa ricetta preparare a casa la piadina, il procedimento è facile e veloce e tra gli ingredienti non c’è il lievito, dunque un’ottima soluzione per sostituire il pane o la preparazione del pane quando non si ha lievito.
INGREDIENTI
(per 4 piade)
250 gr farina biologica perciasacchi Antichi Granai
130 gr acqua
25 gr olio extravergine d'oliva
1 cucchiaino sale
PREPARAZIONE
- Versare la farina in una ciotola, aggiungere il sale e l’acqua, iniziare ad impastare, e poi aggiungere anche l’olio.
- Impastare fino ad ottenere un panetto liscio ed elastico.
- Ricoprire con un canovaccio e lasciare riposare almeno mezz’ora.
- Spostare l’impasto sulla spianatoia e dividerlo in quattro parti uguali.
- Lavorare ogni porzione in modo da creare una pallina, quindi schiacciarla con il palmo della mano
- Poi stirare con il mattarello lungo (lo trovi qui https://amzn.to/2ySxj3n) fino a che raggiunga lo spessore di 2-3 mm.
- Procedere così con ogni porzione di pasta.
- Scaldare una padella antiaderente e cuocere le piade una alla volta, su entrambi i lati, rigirandole spesso.
- Farcire a piacere.
Pizza in teglia con lievito madre
E’stata una sorpresa emozionante ricevere quel pacco, sebbene in qualche modo mi era stato preannunciato.
Già, perché quando Stefano Caccavaris, fondatore di Mulinum, mi inviò un messaggio Instagram chiedendomi l’indirizzo di casa, era certo che qualcosa di buono sarebbe arrivato presto con il corriere.
E il corriere arrivò più o meno presto, con un grosso pacco a stampa Mulinum, che non ho avuto neanche un minuto di suspance perché il logo con forma di macina a pietra trionfava sulla faccia più larga dello scatolone. Ma cosa ci ho trovato dentro? E cos’altro potevo trovare? Le mie amate farine da grani antichi! Certo questa volta non si trattava di grano siciliano, ma di quello dei nostri vicini calabresi.
Si è rivelata una impresa di grande successo, quella intrapresa da Stefano nel 2016, quando lanciò una raccolta fondi per realizzare il primo mulino dei contadini in Calabria. E il successo è cresciuto ogni anno, spingendo la Toscana prima, ed ora anche il Salento, a realizzare lo stesso progetto per i produttori di grani antichi locali.
Ma qual è la grande forza di Mulinum? Per prima cosa è una grande e fitta rete, un patto di amore per la terra ed il lavoro artigianale, che ha formato agricoltori, mugnai e panificatori i quali lavorano in sinergia per offrire il pane ed i prodotti da forno più buoni e genuini di sempre.
Mulinum sono i campi di grano, e una romantica struttura con grandi macine a pietra ed il forno di fronte. Tutto il processo di produzione è a vista, e per me che ci sono stata è uno spettacolo rimanere lì a guardare con quanta cura e amore preparano un pane buonissimo.
Certamente vi svelo cosa c’era nel pacco! Non volevo nascondere nulla ma prima era fondamentale spiegare il progetto che spero realizzeremo anche in Sicilia.
Vi elenco quali varietà di grani antichi calabresi Stefano mi ha inviato: aperto lo scatolone, per primi ho visto due grani teneri: maiorca e verna, poi è spuntato fuori il senatore cappelli, e infine è arrivata la segale.
Ora, avendo io già una discreta conoscenza di tutte le varietà fuorchè Verna, quale pensate abbia voluto provare per prima? Ma naturalmente questo sconosciuto grano tenero è immediatamente finito in planetaria e tra le mie mani, per diventare una pizza che si è rivelata strepitosa.
Concludo la prima parte del racconto Mulinum, e passo alla ricetta che ho messo a punto per onorare il regalo più che gradito ricevuto da Stefano, che ringrazio ancora di cuore.
PIZZA IN TEGLIA MULINUM
INGREDIENTI
1 kg farina da grano tenero MULINUM varietà verna
750 gr acqua
80 gr lievito madre
2 cucchiai olio evo per l’impasto
PREPARAZIONE
- Sciogliere il lievito in una parte d’acqua, poi versare nella planetaria insieme alla farina ed alla restante acqua, avviare l’impasto e dopo un paio di minuti aggiungere il sale e poi l’olio evo.
- Lasciare impastare in macchina non più di 5 min., poi spegnere, coprire l’impasto e far riposare per 15 min.
- Trasferire l’impasto su una spianatoia, con l’aiuto della spatola fare un paio di giri di pieghe a tre, poi formare un panetto e trasferirlo in una ciotola di plastica molto capiente. Coprire bene con pellicola e riporre in frigo per 20 ore.
- Togliere dal frigo l’impasto, lasciare a temperatura ambiente e dopo un’ora riportare sulla spianatoia per ripetere l’operazione delle pieghe. Dunque riporre nuovamente nella ciotola per altre due ore.
- Preparare alcuni fogli di carta forno, ed una tazza con olio evo. Con le mani unte d’olio prelevare porzioni di pasta e stenderla con i polpastrelli sulla carta forno. Non serve mattarello, è un impasto ad alta idratazione e pertanto lavorabile agevolmente a mano, intingendole spesso nell'olio.
- Lasciar riposare in teglia, condire a piacimento e cuocere nella parte bassa del forno a 220°.
Torta morbida al cioccolato
Questa Torta golosissima, morbida e fondente, è assolutamente irresistibile per chi ama il cioccolato.
Perchè la torta morbida al cioccolato fondente si scioglie in bocca con la sua consistenza cremosa.
Dunque è perfetta a colazione, ottima a merenda ed in qualsiasi momento ci si voglia concedere una coccola speciale, per qualunque membro della famiglia. Infatti la torta al cioccolato fondente è una ricetta che conquista grandi e bambini, ma per gli amanti del cioccolato è un must. Vedrete che la sua scioglievolezza conquisterà chiunque.
Gli ingredienti sono pochi e tutti di alta qualità, la farina è maiorca biologica di Antichi Granai (https://www.antichigranai.com), i grani antichi siciliani biologici.
L’ultima volta che ho postato una ricetta con cioccolato è stato molto tempo fa, quando ho preparato la bavarese alla cioccolata di modica (leggi la ricetta https://bit.ly/2wBySkV)
Di seguito i svelo tutti i passaggi per realizzare una ricetta perfetta per tutte le occasioni. Seguendo le istruzioni passo passo sarà sempre un successo assicurato!
INGREDIENTI
250 gr cioccolato fondente
150 gr burro
130 gr zucchero
50 gr farina di maiorca Antichi Granai ( https://bit.ly/2W3cBY5)
2 cucchiaini di lievito in polvere
4 uova bio
Un’arancia biologica
Un pizzico di sale
Per spolverare: zucchero a velo oppure cacao e cannella
PREPARAZIONE
1 - Qualche ora prima della preparazione, togliere dal frigo il burro e le uova e portare a temperatura ambiente.
2 - Spezzettare il cioccolato, ridurre il burro già morbido a tocchetti e sciogliere insieme in una casseruola a bagnomaria. Poi lasciare intiepidire.
3 - Eliminare la scorza dall’arancia, senza la parte bianca. Tritare insieme allo zucchero nel Bimby per 20 secondi a velocità 10.
In alternativa, utilizzare zucchero a velo e grattugiare la scorza con apposita grattugia.
4 - Setacciare la farina con il lievito.
5 - Separare i tuorli dagli albumi. Aggiungere un pizzico di sale agli albumi e mettere da parte.
6 - Versare lo zucchero all’arancia nei tuorli (o lo zucchero a velo e la buccia grattugiata). Montare con la frusta elettrica finché il composto diventa bianco e spumoso (almeno 10 min.)
7 - Versare sul composto, in due o tre riprese, la farina e continuare a mescolare con un cucchiaio.
8 - Aggiungere la crema di burro e cioccolato, amalgamare continuando con il cucchiaio.
9 - Con la frusta pulita, montare gli albumi a neve ben ferma.
10 - Aggiungere i bianchi al composto, e lentamente far amalgamare tutto, impastando dal basso verso l’alto, lentamente, per fare incorporare gli albumi in modo omogeneo. Lavorare finché non ci saranno più grumi, ma sempre lentamente.
11 - Foderare una teglia del diametro di 22 cm e versare l’impasto.
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12 - Cuocere in forno ventilato a 175° per 30 min.
13 - Lasciar raffreddare e sformare. Spolverizzare con zucchero a velo o cacao e cannella.
Chiacchiere alla siciliana
Carnevale è la festa del piacere,
del libero arbitrio, ma soprattutto dalla liberazione dei sensi di colpa.
Ed è per questo che da nord a sud, storicamente, in febbraio friggiamo dolci e li condividiamo allegria.
Chiacchiere - la parola inflazionata del mese.
E’il raviolo fritto che più ha avuto successo e distribuzione in tutta Italia.
Si affianca ad ogni ricetta regionale, quasi come il panettone.
Anzi, probabilmente ha eclissato altre preparazioni tradizionali come i cutumè di cui vi ho scritto la ricetta recentemente https://bit.ly/2SzNeee.
Cutumè
Io, Federica Genovese, devo sicilianizzare ogni ricetta passi per le mie mani. Per cui le mie (che spero diventeranno anche vostre) chiacchiere, hanno tutti gli ingredienti di origine della mia terra.
Ma la chicca è il marsala, il vino liquoroso. Assieme alla scorza grattugiata di arance bio e la farina da grani antichi siciliani.
La differenza tra la ricetta delle chiacchiere, ed altri dolci fritti di carnevale, sta nella consistenza. Le prime sono croccanti, friabili, sottili.
Tutte le altre ricette invece presentano frittelle morbide,
poi cosparse di zucchero semolato oppure di miele, come questi bocconcini semplici ma sfiziosissimi (qui la ricetta https://bit.ly/2SAtVRO).
Ma pure quelle ancor più golose farcite di crema o ricotta, come le succulente bignole (ricetta qui https://bit.ly/38Ebpxw ).
E’ un panorama abbastanza ampio, e ci si può sbizzarrire per accontentare i gusti di tutti.
Ma oggi, chiacchiere!
INGREDIENTI
- 1 kg farina di Farro monococco o Maiorca Antichi Granai
- 70 gr zucchero
- 150 ml marsala
- 100 gr burro
- 4 cucchiai olio evo
- 3 uova
- Buccia grattugiata di un’arancia bio
- Zucchero a velo per spolverare
- Olio per friggere
PREPARAZIONE
Nella planetaria versare la farina, lo zucchero ed il burro (questo deve essere morbido, quindi toglierlo dal frigo almeno un’ora prima), ed avviare la macchina.
Aggiungere la scorza grattugiata dell’arancia, poi in sequenza le uova, il marsala e l’olio extravergine d’oliva.
Se serve, ovvero se l’impasto è troppo duro, aggiungere un altro uovo.
Quando l’impasto è omogeneo ed elastico, togliere dalla ciotola della planetaria e riporre su una spianatoia leggermente infarinata.
L’ideale è spianare la pasta con l’apposita macchina, la “nonna papera”, perché la foglia deve essere sottilissima, quindi posizionate la macchina al livello minimo e passate l’impasto tra i rulli.
In alternativa…lavorare molto bene con il mattarello!
Quindi, con una rotella tagliapasta, ricavare dei rettangoli su cui fare degli intagli.
In un tegame ampio friggere l’olio, appena è bollente immergervi poco alla volta i rettangoli e muoverli con un forchettone o una paletta, rigirandoli.
La cottura deve essere breve altrimenti si bruceranno, per cui, appena dorate, colarle dall’olio in eccesso e riporle su carta assorbente.
Spolverare con zucchero a velo e servire.
Le Radici - apre a Siracusa il ristorante di Maurizio Urso
“Le Radici rappresentano le nostre origini, la nostra storia, il principio di ogni cosa che ci ha fatto diventare ciò che siamo oggi.
Nella nostra cucina non ci sono regole, non ci sono limiti, convivono le tradizioni del territorio e le tecniche più innovative”
A Siracusa inaugura Le Radici, ristorante presso l’hotel Relax.
Alla guida i titolari Sebastiano e Maurizio Urso, quest’ultimo anche executive chef, attualmente vicepresidente della prestigiosa Euro-Toques Italia e Presidente dell’Accademia Nazionale Italcuochi.
Maurizio e Sebastiano Urso
Il profumo di casa, di famiglia, di ciò che fa bene al cuore e all’anima attraverso i ricordi.
Sapori, rumori, sensazioni provate da bambini e che dalla memoria rivivono oggi sul piatto. Un ritorno alle origini attraverso un viaggio di sapori innovativi e gourmet.
E’ nato da qui il progetto Le Radici.
AGNELLO ARROSTITO IN PADELLA E PAPATE AL ROSMARINO
Un ambiente accogliente, elegante ma libero da formalità, in grado di far sentire i commensali come a casa. Il ristorante ospita al suo interno 40 coperti, per gli eventi fino a 220. Mentre la terrazza, ideale per la bella stagione, accoglie altri 40 coperti e circa 250 coperti per gli eventi attorno alla piscina.
Le Radici è un luogo che dalla terra accompagna gli ospiti in un percorso di riscoperta della materia prima, tra passato e presente, rendendoli protagonisti di un momento magico, di un’esperienza unica.
CREMOSO ALCAFFE E ANICE STELLATO SU SALSA DI LIQUIRIZIA E TERRA DI FRUTTA SECCA
Maurizio Urso trascorre molti anni all’estero. Rientrato a casa, si scommette nel proporre qualcosa di nuovo pur partendo dalla propria terra ma includendo l’esperienza data dagli incontri e dalla frequentazione con grandi maestri come Gualtiero Marchesi, Sergio Mei, Giorgio Nardelli e Gianfranco Vissani, con il quale dal 2006 avvia una assidua collaborazione che continua ancora oggi.
Maurizio Urso utilizza ingredienti semplici attorno ai quali germoglia ogni suo piatto. La cucina dello chef è legata al territorio, ma anche ai ricordi personali. Impegnato in una incessante ricerca di nuovi accostamenti e sensazioni. Una devozione per il suo territorio che si riflette in ogni suo piatto,
Lo Chef Urso, nel proprio ristorante, propone piatti di pesce fresco di giornata ma anche di terra e vegetariani, utilizzando solo prodotti locali dei quali conosce la provenienza, la storia e il valore sociale e culturale. Carni, ortaggi, frutta, salumi e formaggi provenienti da piccole e pregiate produzioni artigianali.
Cutumè
La cucina siciliana è una continua risorsa di preziose sorprese dolci e salate, che ci vengono consegnate da un passato recente e da quello più remoto.
I dolci fritti e la ricotta.
Adesso che il tema è il carnevale, sfoglio i miei amati ricettari mentre già sento profumo di frittura dolce.
Mi fermo sulla pagina che riporta un nome curioso: Cutumè.
Una frittella a base di ricotta di pecora, appartenente alla tradizione gastronomica siciliana, nell’area geografica compresa tra Catania e Ragusa.
Ci sono nomi associati a cibi che alle volte mi passano accanto e poi e sfuggono, viaggiando parallelamente ai miei pensieri.
Però poi arriva il momento in cui si ripresentano davanti, quasi imponendosi. Quindi sento il desidero ma anche il dovere di comprendere, di provare quella ricetta e farla mia.
Così mi è capitato coi cutumè, sentiti pronunciare qualche volta distrattamente e mai, non so perché, attenzionati. Però associavo questo nome a delle paste secche, dei biscotti.
E invece eccoli nella sezione “dolci fritti” di uno dei miei libri di cucina.
Non ho trovato, ad oggi, fonti storiche o vicende legate alla nascita ed alle specifiche occasioni di consumo di questa deliziosa frittella.
E come di consueto ci sono diverse varianti: chi la vuole cosparsa di zucchero semolato chi invece di miele (miele di timo nel ragusano).
Cambiano anche notevolmente le dosi della farina in proporzione alla ricotta. Denominatore comune è che quest’ultima sia sempre di peso nettamente maggiore.
Anche sulla tipologia di farina utilizzata, solo in un caso si specifica debba essere di maiorca, per il resto non è esplicito, dunque forse non condizionante, se di grano duro o tenero.
Sta di fatto che non c’è lievito. Dunque la frittella dovrebbe rimanere bassa.
Nella mia ricetta, il volume invece si è triplicato in cottura, rendendola più somigliante ad una sfincia.
Certo, così è molto goduriosa.
Ho utilizzato la farina di farro monococco Antichi Granai (che trovi qui https://bit.ly/2UEnQFs), credo che parte del merito sia dovuto a questa scelta.
Siete curiosi quanto me di provare la ricetta?
Mettiamoci al lavoro!
INGREDIENTI
400 gr ricotta di pecora asciutta
250 gr farina di farro monococco Antichi Granai
50 gr zucchero
4 uova
1 cucchiaino di annella
1 pizzico di sale
Mezzo bicchierino di gin
Miele
Olio per friggere
PREPARAZIONE
1 – La ricotta deve essere stata preparata almeno due giorni prima, se non risulta perfettamente asciutta il risultato sarà compromesso.
2 – miscelare prima con un cucchiaio farina, uova, sale, zucchero e cannella. Aggiungere il gin e infine le uova. Sbattere per bene con la frusta elettrica.
3 – Coprire l’impasto e lasciare riposare almeno tre ore
4 – In una pentola ampia e dai bordi alti, versare l’olio e far raggiunge la temperatura utile alla frittura.
5 – Prelevare con due cucchiai l’impasto e, tentando di dare forma arrotondata, tuffare nell’olio bollente fino a doratura.
6 - dopo averle fatte scolare su carta assorbente, riporre su un piatto da portata e cospargere con miele caldo.
Frascatule ennesi
La polenta siciliana si chiama perlopiù frascatula.
Quella ennese nasce dalla miscela di farine di ceci e cicerchie, due legumi che nel territorio di Enna erano ampiamente coltivati.
L’Azienda Agricola Antichi Granai (https://www.antichigranai.com), che da generazioni coltiva e macina oltre ai grani locali anche i legumi, seguendo la tradizione ha elaborato la miscela idonea ad una facile realizzazione della tipiche frascatùle.
La ricetta più diffusa include broccoli e lardo, e poi ci sono anche le varianti con biete e finocchietto.
La frascatula ennese è buonissima appena preparata, ma ancora più goduriosa il giorno successivo.
Da fredda, si taglia a striscioline e poi a cubetti, e si soffrigge con crostini di pane da grani antichi siciliani (qui la ricetta del pane di perciasacchi https://bit.ly/2QSXBZH )
Il primo impasto è la farinata.
Farina e acqua, senza lievito ma cotta in acqua bollente e con l’ausilio di un mestolo o affine per mescolare.
Un pasto primordiale, embrione del pane.
Nel mescolare acqua bollente e farina, c’è uno dei più antichi gesti di sopravvivenza, forse, per l’uomo dopo la scoperta della gestione del fuoco.
Quasi certamente tra i primi impasti cotti, che impiegavano probabilmente prima cereali interi, poi spezzati e successivamente farine a grana grossa.
Posso immaginare questo percorso nei secoli, col passare dei quali, modifiche alla granulometria del cereale coincidevano con la realizzazione e l’affinamento dei mulini.
Cereali, poi legumi. In Sicilia è tanto diffusa la polenta di frumento quanto quella di legumi. Eppure, dopo la scoperta dell’America, arriva anche il mais. E questo conquista buona parte dell’Italia e dell’isola, determinando tre macro tipologie di elaborazioni per le farinate.
In Sicilia convivono ancora tutte, ma con le dovute differenze tra miscelazione delle varietà di farine, specialmente per quelle che impiegano i legumi, e i giochi linguistici sempre sorprendenti ed a volte non riconducibili all’etimo comune.
E’ il caso, ad esempio, della patacò a Licodia Eubea (Ct), a cui dedicano ogni anno una sagra. (Se vuoi scoprire una versione originale della ricetta clicca qui https://bit.ly/2uMIh8p ).
Ma anche la piciòta a Nicosia si differenzia notevolmente dai più comuni frascatùla, frascatùa etc. (1*)
Si arricchiscono le varie ricette di frascatule con verdure e carni, e rimane diffusa ovunque ed anzi, attesa pietanza nei giorni più gelidi, in cui la cucina originaria sembra il miglior conforto.
(1*) Vocabolario – Atlante della cultura alimentare nella “Sicilia Lombarda”, Salvatore C. Trovato e Alfio Lanaia. Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo 2011. Pag. 391.
INGREDIENTI
1300 gr acqua
150 gr farina di legumi "Frascatule ennesesi" Antichi Granai
400 gr broccolo
100 gr lardo
1 spicchio aglio
Peperoncino
Sale q.b.
PREPARAZIONE
1.Mondare e lavare il broccolo e le sue foglie più tenere, tagliare in quarti le cime ed in tocchetti il tronco, sminuzzare anche le foglie.
2. In una casseruola dalle sponde alte, fare bollire l’acqua, salare e cuocere il broccolo per circa 20 minuti.
3.Nel frattempo, in una padella far rosolare l’aglio ed il peperoncino, ridurre in cubetti il lardo e soffriggerlo a fuoco moderato.
3. Scolare i broccoli ed insaporirli con il lardo in padella per 5/10 min.
4. Nell’acqua di cottura del broccolo, senza spegnere il fuoco, versare in più riprese la farina di legumi, e mescolare continuamente con un cucchiaio di legno per almeno 10 minuti.
5. Aggiungere ora il contenuto della padella, e continuare la cottura della polenta per circa 20 minuti.
6. Dovrà risultare molto densa.
7. Versare in un unico grande piatto, o suddividere in quattro porzioni e gustare calda.
Crolla il prezzo dell'olio extravergine siciliano.
Coldiretti Sicilia lancia un grave allarme: il prezzo dell’olio siciliano è crollato.
Ora un chilo di olio extravergine d’oliva siciliano sfuso vale poco più di 4 euro.
A rimetterci, ancora i produttori, sottoposti oggi ad oscillazioni di mercato causate dalle importazioni e dalle speculazioni in atto in altre regioni.
Vendere a pochi euro significa omologare la produzione e per questo – sottolinea Coldiretti Sicilia - è indispensabile oggi più che mai conoscere la provenienza dell’olio e preferire le Dop e le Igp, in grado di garantire la qualità.
Nel 2019 – afferma ancora Coldiretti Sicilia – nell'Isola sono state prodotte circa 35 mila tonnellate di olio. E dopo la pessima annata del 2018 il prezzo è stato buono per alcune settimane ma adesso c’è un pericoloso gioco al ribasso che sta provocando la crisi di tutto il mercato.
Ma chi è l’artefice di questo gioco, volto a sopprimere il mercato siciliano e italiano?
Risponde Giosuè Catania, presidente APO Catania.
“La politica del sottocosto, utilizzata dalla grande distribuzione organizzata, deride il lavoro dei produttori, è un’offesa alla qualità e mortifica anche le aspettative del consumatore che crede di acquistare altro. Il problema deriva da paesi super produttori come la Spagna, che ha una produzione 10 volte superiore all’Italia. La Spagna ha giacenze degli anni precedenti, ed il momento propizio per commercializzarle, è proprio adesso che vi è disponibilità di prodotto italiano. Ciò determina un crollo dei prezzi. Si aggiunge il fenomeno della triangolazione irregolare, che coinvolge Tunisia e Marocco, da cui si acquista altro prodotto, poi immesso sul mercato italiano a basso costo. La politica del sottocosto andrebbe eliminata, poiché in quelle bottiglie non c’è qualità”.
Il problema è molto grave, il consumatore non se ne rende conto, e la grande distribuzione ha la meglio.
“Nessuna tutela dunque per il consumatore - prosegue Giosuè Catania - che acquista per l’80% presso supermercati, dove l’olio è venduto a 3,50. E invece la direzione da percorrere è una campagna di comunicazione che veicoli l’altissima qualità nutrizionale dell’olio extravergine italiano. Produciamo ormai per vendere all’estero, dove il consumatore è più consapevole”.